L'AltraSersale

Un nuovo modo di essere comunità. Un mondo nuovo.

La comunicazione moderna impone sintesi estreme, perciò all'indomani delle europee ho sintetizzato estremamente il risultato delle elezioni a Sersale dicendo che "Questo è il ritratto vero di un paese che si dice moderno, attivo, dinamico, emancipato ma è invece apaticamente rinchiuso su se stesso. Questo è il ritratto di un paese dove la politica è ridotta solo ad una guerra di bande, di conteggio di preferenze."

Un giudizio che viene direttamente dai numeri.

Le elezioni Europee sono sempre state una votazione politica, perché misurano la consistenza dei partiti (o dei programmi) al di là dei candidati (poiché è un sistema proporzionale puro). Ora le cose stanno cambiando, proprio sotto ai nostri occhi.

L'astensione è un dato ormai strutturale su tutto il territorio nazionale, ma in un paese dove (quasi) non vengono nemmeno affissi i manifesti l'astensione è indicatore di apatia politica, disinteresse. Non c'è la percezione del voto come responsabilità, dovere civico. Lo stesso vale per le forze politiche organizzate che hanno rinunciato anche a presentarsi agli elettori: ormai il messaggio è mediato dai media o attraverso i canali informali del collettore di voti locale.

A Sersale vota meno della metà della popolazione. Alle ultime europee solo il 45% degli aventi diritto si è recato alle urne, poco più di 1.700 persone (quasi la metà rispetto a 15 anni fa), in calo di 800 unità rispetto alle Politiche 2018! Di questo 45% della popolazione:

  • 1/3 (34%) vota M5S, ma quel 'voto del cambiamento' non è costante: in un anno chi diceva di voler cambiare l'Italia ha perso 1000 voti: la rivoluzione culturale promessa è naufragata;
  • 1/3 (36%) vota forze neofasciste e xenofobe (Lega+FdI), un voto in parte 'culturale' (di condivisione del messaggio) in parte dovuto a dinamiche 'politiche' (locali);
  • mentre tutte le altre forze a stento raggiungono complessivamente il 25%, la disaffezione politica colpisce soprattutto a sinistra, i cui militanti hanno preferito rimanere a casa.

Il M5S raccoglie 579 voti (più o meno come le scorse europee) ma molto meno rispetto ad un anno fa, se consideriamo che di questi voti solo un centinaio riportano la preferenza (Laura Ferrara, eurodeputata uscente), ben si capisce che il voto a un partito senza referenti locali né sedi è puramente di contenuto. In pratica: la gente vota il partito al di là di chi lo rappresenta. Data la debolezza del messaggio dopo un anno di governo, il Movimento è tornato nel suo alveo strutturale - non dimentichiamo che quando è in gioco lo scambio di favori, il voto del cambiamento subito scompare per diventare supporto alla vecchia politica (vedi elezioni regionali!).

La Lega riceve 249 voti, erano 171 l'anno scorso e solo 8 nel 2014!

Anche qui: la gente vota il partito al di là di chi lo rappresenta. In un paese dove non c'è un solo africano e gli immigrati si contano sulle dita delle mani, tanta gente condivide i messaggi xenofobi e razzisti diffusi dalla 'Bestia' di Salvini? E al contempo questo elettorato non tiene minimamente conto delle dichiarazioni leghiste contro i meridionali e i calabresi, o delle cattive frequentazioni dei leghisti di Calabria (vedi Furgiuele o i rappresentanti della Lega a Rosarno!). 

Guardando alle preferenze: su 249 voti sono state espresse solo 62 preferenze per Salvini e 48 per Porpiglia, ciò significa che il grosso del voto della Lega è, come si diceva una volta, "in testa". In pratica, i collettori di voti locali sono solo una parte del tutto: la croce solo sul simbolo è notoriamente un voto acritico, significa totale condivisione del messaggio senza troppa analisi sui candidati o sui reali contenuti (succedeva anche col PCI o la DC). Tale voto è sintomo di una deriva, mostra la penetrazione culturale del messaggio salviniano: in questo momento la narrazione di Salvini è vincente anche se profondamente contraria ai valori civili e morali della maggioranza degli italiani.

Forza Italia dimezza i voti rispetto all'anno scorso, da 221 a 101.

Un risultato non lusinghiero per (l'ex?) coordinatore cittadino di Forza Italia, Salvatore Torchia. Eppure a Sersale i luogotenenti di Tallini ci hanno sempre abituati a risultati ben più alti, una mancanza di riconoscenza enorme per il partito del consigliere regionale che ci ha regalato la Riserva...

Il PD perde il 50% dei voti rispetto a 5 anni fa, ma mantiene lo stesso risultato delle Politiche. Anche in questo caso le poche preferenze espresse ci raccontano di un voto di campo, piuttosto che un voto ai singoli candidati. Ben altra storia è stata alle regionali quando la corsa alle preferenze portò il PD a quota 744 voti.

Lo stesso dicasi per la Sinistra: con ampio senso di autoironia, il trend potrebbe sembrare quasi positivo. I 36 voti di Potere al Popolo di un anno fa sono diventati 76 quest'anno. Ma tra questi c'è da conteggiare parte del voto di LeU e, comunque, 5 anni fa L'AltraEuropa prendeva 91 voti: un terzo rispetto ai 250 voti di Rifondazione Comunista di 15 anni fa. Il dato è che la militanza di sinistra non trova più rappresentanza e, dopo aver tentato coi 5stelle, ha preferito starsene a casa. Le riflessioni a sinistra non bastano più...

Fin qui a Sersale il dato conferma che alle elezioni nazionali o europee il voto è pressoché politico, si vota il simbolo più che i candidati. Mentre la preferenza (e lo scambio) prende il sopravvento soprattutto alle amministrative, per cui il voto ai partiti è quasi solo voto ai candidati. 

Tranne che per un caso.

L'anomalia (non tanto in realtà, per chi conosce gli addetti ai lavori) è Fratelli d'Italia.

FdI raccoglie 372 voti, erano 30 un anno fa, 23 alle ultime europee. La Meloni decuplica i voti in un solo anno!

Se si trattasse di un voto di appartenenza culturale sarebbe oltremodo preoccupante, dato che quel partito ha chiare matrici neofasciste, oltre che xenofobe e razziste. Ma se così fosse, i fascisti puri (Casapound e Forza Nuova) a Sersale avrebbero dovuto sfondare; invece curiosamente passano da 52 a 8 voti complessivamente. C'erano più fascisti veri quando vinceva la sinistra che oggi...

Allora a Sersale, il neonato circolo di Fratelli d'Italia è riuscito in un vero e proprio miracolo politico? 

In realtà, in analogia con quanto detto sulla Lega e M5S, basta guardare le preferenze per capire se pesa di più l'idea o il candidato, il partito o i suoi referenti locali. Il mercato delle preferenze di Fratelli d'Italia è surreale: Fitto 266 preferenze, Lagrotta 112, Aversa 101 - tutti superiori alla Meloni, ferma a 61!

Eppure esattamente un anno fa il partito di Fitto (l'UdC) prendeva a mala pena 23 voti, cosa è accaduto in un anno per far si che diventasse così popolare a Sersale? Nulla, evidentemente ai fini di una conta locale Fitto poteva rappresentare un cavallo vincente.

Alle ultime regionali Wanda Ferro, già candidata presidente, prese solo 30 voti (al netto dei 362 voti dati alle liste a lei collegate) e la lista di FdI a mala pena 20 voti, cos'è accaduto in un anno per far si che il partito (non la Meloni) diventasse così popolare?

Nulla, salvo che tra sei mesi ci sono le regionali e il partito di Wanda Ferro ambisce alla carica di presidente e che  tutti i suoi luogotenenti locali che erano prima in Forza Italia hanno trovato una nuova casa. La prova del nove, basta guardare all'evoluzione del voto al centro destra negli ultimi anni: 476 voti alle regionali 2014 (FI+FdI+CdL+NCD), 515 voti alle Europee 2014 (FI+FdI+NcD+Lega+ScE), 481 voti alle Politiche 2018 (FI+FdI+Lega+Fn+Cp), 475 voti alle Politiche 2013 (PdL+FdI+Lega+Fn+Cp). In pratica un blocco che si muove compatto, diretto dai suoi proprietari dove tira il vento.

I fedelissimi di Tallini sono tornati fedelissimi di Wanda Ferro (in una contesa regionale già in atto tra i due politici del centro destra). E' chiaro che gli amici degli 'amici di Sersale' sono in cerca di nuovi (vecchi) amici, che magari ora hanno più potere perché oggi stanno a Roma o perché potrebbero essere utili se diventassero presidenti di regione.

Dai dati si vede plasticamente la migrazione. L'esigenza di contarsi per contare. 

Nella logica delle preferenze, la comunità è sospinta a votare per questo o quell'amico. Convinta a rinnegare persino la propria ideologia pur di garantire la posizione di chi è al potere da sempre. Movimentata per mostrare la fedeltà del luogotenente al politico di turno. Forzata a giravolte politiche impensabili qualche anno prima. Per la prima volta in un'elezione politica contano di più le preferenze. 

Mentre Salvini e Meloni predicano sovranismo, la loro base rinuncia alla propria sovranità affidando il consenso a politicanti locali che mercanteggiano al tavolo regionale. Un modo di fare antico, da prima repubblica, da ottocento, che fa il paio con idee retrograde e rozze per testimoniare quanta chiusura ci sia a Sersale.

Lo stesso discorso potrebbe valere a parti invertite negli altri campi, dove alla disaffezione individuale si somma lo scarso attivismo (o mobilitazione) dei gruppi dirigenti locali. In questi campi - dove secondo tradizioni politiche novecentesche o moderni refrain sull'onestà non dovrebbero valere le medesime logiche - invece si registra lo stesso dato in negativo: dove non c'è la preferenza e la militanza lascia il posto allo sconforto, vince l'astensione

E l'astensione, soprattutto nel campo della sinistra, equivale alla vittoria dei peggiori impulsi culturali della destra. L'assenza di interesse al proprio candidato o al proprio partito non può tramutarsi in una permanente attesa mangiando pop corn. Un modo di fare apatico.

Mentre mangiamo pop corn e ci guardiamo l'ombelico, la politica reale si è spostata verso l'ennesima rivoluzione gattopardesca.

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