L'AltraSersale

Un nuovo modo di essere comunità. Un mondo nuovo.

A partire dal 25 aprile abbiamo iniziato a ripercorrere alcune parole del nostro vocabolario: resistenza e antifascismo, lavoro e libertà sono state le prime, rispettivamente in occasione delle feste del 25 aprile e del 1 maggio. Feste fondanti del nostro paese, date che ne raccontano l'anima.

Su questa scorta, in occasione della Festa della Repubblica, vogliamo occuparci del nesso repubblica-democrazia. Ancora una volta lo facciamo perchè pensiamo che questo governo abbia inibito le coscienze e stia lavorando per sovvertire il nostro ordinamento svuotandone di significato le istituzioni.



Il 2 giugno 1946 milioni di Italiani, e italiane per la prima volta, sceglievano di vivere in una repubblica, emettendo al contempo una sentenza sulla monarchia sabauda. Dopo 85 di Italia unita, i Savoia si erano resi corresponsabili della dittatura fascista e per questa ragione gli Italiani decisero che era giunto il momento di abolire i sovrani ed equiparare i sudditi.

Repubblica, come tutti sanno, significa appunto "cosa pubblica", cioè il bene comune, ma anche la casa comune. A differenza della monarchia, questa casa non appartiene al sovrano, e i sudditi non sono suoi possedimenti. Nel sistema repubblicano i cittadini si autodisciplinano conferendosi poteri e leggi per la gestione, nell'interesse della comunità, dei beni pubblici. La definizione del popolo, del suo benessere e del suo sviluppo, del territorio che abita e dei costumi che adotta, le leggi e le istituzioni di cui si dota, la cultura e le arti di cui è inventore, come cosa pubblica ha un profondo significato rivoluzionario per la storia dell'umanità: l'insieme degli individui, costituiti in comunità, abbandonano il proprio interesse privato per perseguire il bene comune.

Gestire il bene comune, significa attribuire ad alcuni cittadini e ad alcune istituzioni funzioni e poteri, che senza adeguati pesi e contrappesi, potrebbero pregiudicare il raggiungimento dell'interesse pubblico. Perciò si ricorre a forme di governo che garantiscano la Democrazia. "Il potere del popolo" deve appartenere al popolo e deve essere esercitato dal popolo. Democrazia significa realizzare quel precetto per cui tutti gli uomini sono uguali e hanno diritto ad avere l'opportunità di formare la propria personalità, all'interno di un gruppo. Il concetto di democrazia tiene insieme, in un unicum, l'individuo e il popolo. Non ci può essere popolo senza che si plachino gli appetiti individuali, e contemporaneamente non esiste individuo senza un popolo che lo difenda, che ne permetta l'esistenza. Ecco perchè gli italiani il 2 giugno hanno eletto anche l'Assemblea Costituente, chiamata a scrivere la legge fondamentale dello stato: disegnare la democrazia per evitare che il potere non sia mai di un solo uomo.

E proprio a quella carta fondamentale che bisogna appellarsi per ridare senso alla Repubblica e alla democrazia. La Costituzione sancisce al suo primo articolo che "l'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro": il lavoro diviene principio fondante e ispiratore della condotta che tutti gli uomini devono tenere per la realizzazione del bene comune, la convivenza pacifica e la costruzione di un futuro migliore.

E, difatti, ciò che viene sempre di più preso d'assalto da questo governo reazionario è proprio la Carta Costituzionale. Sarebbe impresa ardua elencare tutte le leggi porcata, i cavilli, le operazioni finanziarie, le dichiarazioni e le campagne mediatiche con le quali il governo Berlusconi attenta alla costituzione. Dal lodo Alfano, alla legge sulle intercettazione, alla finanziaria che taglia sanità, scuola e cultura, alla legge Biaggi, siamo difronte ad un lento lavorio per rovesciare la morale a cui ci hanno educato i nostri padri costituenti, gli ideali per cui in tanti sono morti nella Resistenza: tutti i cittadini sono uguali, tutti gli uomini hanno diritto al lavoro e a formare la propria personalità.

I casi Scajola, i furbetti del quartierino, le opere pubbliche sbranate dalla Marcegaglia, le centrali nucleari, le corruttele politico.mafiose danno il segnale di quanto vuota sia oggi la parola 'repubblica'. La cosa pubblica è diventata 'cosa nostra'. Politici, mafiosi e imprenditori senza scrupoli stanno lucrando sul bene comune, sulla sanità, sulle bellezze del nostro paese, sul nostro diritto al lavoro e alla dignità. E lo fanno corrompendo funzionari e servi dello stato per accaparrarsi appalti e soldi pubblici, per trasformare l'interesse pubblico in interesse privato. E per continuare a farlo lentamente smontano gli istituti democratici: imbavagliano i giornali, legano le mani alla giustizia, asfaltano l'opinione pubblica distruggendo la scuola, e affamano il popolo. La nostra democrazia sta cedendo il passo ad una cerchia di uomini che vogliono ristabilire il primato di alcuni sugli altri, relegando i cittadini a sudditi e i governanti a sovrani.

Ecco perchè il programma di governo di Berlusconi prevede l'elezione diretta del premier, la distruzione di qualsiasi controllo del governo da parte del parlamento (il rappresentanre del popolo), il controllo della giustizia e dei mezzi d'informazione. Il programma che Licio Gelli aveva preparato per la P2.


Come possiamo evitare questo? Reastituendo appunto il vero significato alle parole Repubblica e Democrazia.
La crisi della democrazia si può superare solo con ulteriore democrazia: il potere deve ritornare nelle mani dei cittadini, senza la mediazione del parlamentare. Quello che siamo chiamati a realizzare, soprattutto nel nostro piccolo perchè le dimensioni lo permettono, è la democrazia diretta. Nel nostro piccolo paesino i cittadini devono prendere parte alle decisioni che li riguardano, la costruzione di una strada o di un ospedale, il piano urbanistico o la vocazione turistica, sono scelte che ricadono sulle teste dei cittadini e ad essi spetta prenderle, per scegliere il loro futuro.

Ai cittadini spetta concorrere democraticamente alle scelte perchè più teste significano meno errori. Più cittadini significano meno interessi privati. E' il momento di ripensare ad una nuova repubblica.


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