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L'ampia discrezionalità della casta dei giornalisti calabresi

Lunedì, dopo tre anni di collaborazione a Calabriaora, ho avuto il piacere di conoscere il Presidente dell'Ordine dei Giornalisti della Calabria, tale baffuto Giuseppe Soluri.

Ero andato all'ordine per chiedere di essere iscritto all'albo dei pubblicisti e per l'ennesima volta mi è stato detto che non possiedo i requisiti, pertanto "è consigliabile non fare neanche i veramenti perchè verrà rigettata".

La storia della mia relazione complessa con l'Ordine ha inizio nel 2008. Allora fresco collaboratore di Calabriaora ho cercato di reperire informazioni per sapere come si fa a diventare giornalisti - non che mi interessasse molto vedendo a quali bassezze può prestarsi la professione di cui si vantano i Feltri e i Belpietro!

Ad ogni modo telefono all'Ordine, solo di lunedì, perchè l'ordine riceve solo il lunedì!, nei primi mesi del 2008 e chiedo quali siano le cose da fare per iscriversi all'albo dei pubblicisti. Mi si rispose che bastava collaborare ad una testata per 24 mesi e scrivere almeno 80 pezzi, ricevere dalla società editrice un compenso per l'opera prestata e ottenere una certificazione dal direttore del giornale che attesti l'effettiva collaborazione. A questo punto si può inoltrare richiesta di concessione all'Ordine, dimostrando tali requisiti e allegando originali degli articoli prodotti, oltre che un corposo versamento per Agenzia delle Entrate e per l'Ordine stesso, uno dei più cari d'Italia (150 eurazzi a fronte dei 75 di quello della Campania).

 

Sulla base di queste elementari informazioni continuo la mia collaborazione collezionando le antipatie dell'amministrazione comunale del mio paese, e soprattutto un sacco di freddo in assurde domeniche di calcio locale. Il tutto alla modica cifra di 0,04 centesimi di euro a riga pubblicata! Salario da fame, ma si tratta pur sempre di una collaborazione occasionale che si configura come una sorta di tirocinio.

 

Allo scadere dei 24 mesi mi sono rivolto nuovamente all'Ordine per conoscere gli adempimenti formali per fare domanda d'iscrizione. All'ordine mi è stato dato un vademecum che esplicita le certificazioni, i versamenti e i documenti da allegare alla domanda; di questo decalogo saltano agli occhi quattro elementi:

  • i “periodici contenenti gli articoli a firma del richiedente e che dimostrino l'effettivo svolgimento dell'attività pubblicistica nell'ultimo biennio (i 24 mesi precedenti la domanda)”;
  • il “certificato del direttore responsabile in cui [si] dichiari che l'attività si è svolta regolarmente e con continuità nell'ultimo biennio e che la collaborazione è stata retribuita regolarmente con continuità e regolarità, con regolare versamento dei contributi all'INPS, sulla base di un contratto di collaborazione (da allegare alla pratica)”;
  • la “certificazione della società editrice dei compensi percepiti, nonché certificazione dell'avvenuto assoggettamento dei compensi alla ritenuta d'acconto (CUD)”;
  • la “certificazione della partecipazione, con profitto, ai corsi organizzati o autorizzati dall'Ordine”.

Mi sono premurato di ottenere la certificazione dell'allora direttore di Calabriaora, Pollichieni (in data 28-06-2010), la certificazione del sostituto d'imposta da parte della società editrice relativo all'anno 2009 e copia del contratto di lavoro occasionale sottoscritto con la Cec, Società Editrice di calabriaora. A questo punto ho chiesto all'Ordine quando si sarebbero svolti i corsi di formazione, l'unico requisito mancante, e mi è stato risposto che sarebbe stato l'ordine stesso a comunicarlo.

 

Sono trascorsi più di sei mesi da allora (luglio 2010) e dei corsi neanche l'ombra. Sono andato all'ordine in gennaio e ho scoperto che non posso fare la domanda perchè mi manca la retribuzione relativa al 2010 (il famoso ultimo biennio). Quindi ho perso sei mesi - nei quali avevo tutti i requisiti - aspettando che l'Ordine mi mettesse in condizione di ottenere l'unico requisito che l'ordine doveva fornire!

Allora mi sono rivolto alla mia società editrice per ottenere il certificato del nuovo direttore (Sansonetti) e prontamente mi è stato fornito. Ma tuttavia la società non mi ha liquidato il mio ricchissimo stipendio del 2010 e quindi perdo uno dei requisiti del vademecum.

Non contento ritorno all'ordine per sapere se posso produrre un'autocertificazione.

 

Questa volta è niente poco di meno che il superbo e baffuto Presidente Soluri a fornirmi el informazioni che cerco, al posto dell'a dir poco burbero segretario. Mostrando i certificati di cui sono in possesso il presidentissimo mi informa che non ho i requisiti. Ingenuamente chiedo quali.

Egli risponde ironico "con questa retribuzione la sua domanda sarà sicuramente rigettata". Le mie 425 euro lorde non sono degna retribuzione??? chiedo come mai ed egli aggiunge sotto i baffi: "deve dimostrare di avere una retribuzione lorda di almeno 3000€".

Allora mi chiedo quanti articoli avrei dovuto scrivere per arrivare a 3000€. Secondo le cifre del mio contratto circa 75.000, pari a circa 1000 articoli. In tre anni ne ho scritti 200, quindi devo attendere ancora ancora 12 anni per farcela!

 

Ma il presidentissimo va oltre e mi consola: "lei ha una retribuzione troppo bassa, deve avere un contratto di collaborazione continuativa... vede lei ha un contratto occasionale, a progetto. Questo non è ammissibile". Ricapitolando: non solo non ho un'adeguata retribuzione ma neanche un contratto valido!

Allora chiedo in quale vademecum questo sia previsto, almeno posso rivalermi sulla società editrice colpevole di sfruttamento della mia prestazione d'opera. Ma il presidente dice che rientra nella discrezionalità dell'ordine.

 

Praticamente, l'ordine valuta se posso essere iscritto all'ordine dei pubblicisti sulla base di requisiti che solo l'ordine conosce: è come se andassi a sostenere un'esame senza che il professore mi dica su che programma verrò interrogato!

L'uso della lingua italiana e del burocratese è l'arma di coloro che hanno una posizione.

 

Mostro al presidentissimo che questo sarebbe quantomeno anomalo per un ordine professionale, che in quanto ente pubblico, deve essere trasparente e osservare una discrezionalità abbastanza limitata nel merito. Altrimenti si configuara la lesione di un interesse leggittimo essendo l'iscrizione all'albo una concessione governativa.

 

Ma egli mi dice stringendosi sardonicamente nei suoi baffi: "che ci posso fare io se la sfruttano o se non ha un contratto". Come che ci può fare? Se l'ordine rappresenta i giornalisti dovrebbe almeno stabilire un minimo sindacale per le retribuzioni e per i contratti ammessi, e dovrebbe vigilare sulle società editrici per evitare non solo lo sfruttamento ma la presa in giro dei collaboratori a progetto.

Se l'Ordine non fa questo devo supporre che voglia aggiungere al già prepotente filtro della precarietà e delle esigenze economiche dei giornali, anche un aggravante carenza di trasparenza. E se l'ordine non ha alcuna pregiudiziale nei miei confronti allora questo atteggiamento lo riserva a tutti gli aspiranti pubblicisti? (del resto sarei curioso di sapere quanti dei miei colleghi avevano una retribuzione di 3000 € prima di diventare giornalisti e quanti avevano un regolare contratto)?

 

Delle due, l'una: o l'ordine protegge una casta dalla concorrenza dei nuovi iscritti o non fa nulla per tutelare i giornalisti?

E' la classica storia italiana. Si sciacquano la bocca con la modernità, tanto loro hanno il culo parato!

 

 

Vademecum OdG Calabria

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