L'AltraSersale

Un nuovo modo di essere comunità. Un mondo nuovo.

Per capire Grillo bisogna analizzare bene la palingenesi del suo fenomeno.
Finora le analisi più convincenti sono quelle fatte da Wu Ming e ve le propongo qui di seguito:


«Destra» e «Sinistra» sono i nomi convenzionali di due diversi modi di leggere il conflitto sociale. «Di sinistra» è chi pensa che la società sia costitutivamente divisa da interessi contrapposti. Ci sono i ricchi e i poveri, gli sfruttatori e gli sfruttati, gli uomini e le donne.

«Di destra» è chi pensa che la nazione sarebbe – e un tempo era – unita, armoniosa, concorde, e se non lo è (più) la colpa è di forze estranee, intrusi, nemici che si sono infilati e confusi in mezzo a noi e ora vanno ri-isolati e, se possibile, espulsi, così la comunità tornerà unita. Tutte le destre partono da questa premessa, che può essere ritrovata a monte di discorsi e movimenti in apparenza molto diversi, da Breivik al Tea Party, dalla Lega Nord ai Tory inglesi, da Casapound agli «anarcocapitalisti» ad Alba Dorata. Per capire se un movimento è di destra o di sinistra, basta vedere come descrive la provenienza dei nemici.
A seconda delle fasi storiche, ce la si prende col musulmano o con l’ebreo, con il negro o con lo slavo, con lo zingaro o col comunista che «tifa» per potenze straniere. Con la «Casta» descritta come altro rispetto al popolo che l’ha votata ed eletta, «Roma ladrona», la finanza ridotta alle
manovre di «speculatori stranieri», «l’Europa»…

Non c’è dubbio che nell’Italia di oggi il discorso egemone, anche tra persone che si pensano e dichiarano di sinistra, sia quello di destra. Che attecchisce facilmente, perché è più semplicistico e consolatorio, e asseconda la spinta a pensare con le viscere. Il fascismo è nato, esiste ed è continuamente reinventato dai padroni proprio per offrire ai ceti medi proletarizzati un «falso evento», un falso bersaglio, una finta rivoluzione dopo l’altra.
La classe capitalistica sa bene che i ceti medi quando si proletarizzano e si impoveriscono potrebbero «fare blocco» con gli operai e in generale coi lavoratori subordinati. Per impedire quest’alleanza, viene scatenata una multiforme offensiva ideologica e propagandistica: ad esempio, si dice al piccolo borghese che il suo nemico sono i proletari «garantiti» e i sindacati, e
al contempo, con il frame della «sicurezza», gli si dice che deve temere l’immigrato.
Ma questo non basta, perché è un discorso tutto difensivo, ce ne vuole anche uno offensivo, «massimalista», pseudo-rivoluzionario. Oggi quel discorso è quello contro la «Ka$ta», e il suo massimo spacciatore è Grillo, che è un portatore – forse nemmeno del tutto consapevole – di un’ennesima variante di fascismo. Attenzione, quando parlo di «fascismo» non mi riferisco al fascismo storico, a quello che si incarnò nel regime fascista e poi nella RSI.

Il paragone tra grillismo e fascismo è scivoloso, rischioso: è la storia del difficile e controverso rapporto tra rabbia giusta e rancore distruttivo, tra rivoluzione e reazione.


«Non siamo di destra né di sinistra». In giro per l’Europa, nuovi movimenti, anche molto diversi tra loro, si dichiarano non-appartenenti ad alcuno dei due campi politici. Dal nostrano Movimento 5 Stelle, si passa per i «Partiti dei Pirati» che hanno ottenuto buoni risultati elettorali in Germania e altri paesi, e si giunge ai cosiddetti «Indignati», movimento transnazionale che ha origini nelle rivolte nordafricane e nelle mobilitazioni spagnole partite il 15 maggio 2011.

«Ci sono due modi di non essere né di destra né di sinistra: un modo di destra e uno di sinistra».
Nel territorio dei nuovi movimenti, gli Indignados spagnoli sono un movimento egualitario, anticapitalista, non privo di interlocutori a sinistra e indubbiamente ostile a ogni destra politica e sociale.
C’è però un modo più «normalizzante» e di destra (nonché largamente maggioritario) di dichiararsi né di destra né di sinistra: «rossi e neri sono tutti uguali».
Si getta tutto nel mucchio, occultando il conflitto primario – quello a cui i concetti di «Destra» e «Sinistra» continuano ad alludere, ossia la lotta di classe – in nome di surrogati, diversivi, conflitti sostitutivi come quello tra la «gente» e i «politici», la «casta» etc.
In uno spazio «né di destra né di sinistra», le energie di molti benintenzionati, in maggioranza giovani, sono incanalate in un discorso in cui sono rinvenibili elementi di criptofascismo. «Criptofascista» allude a un discorso cifrato, decrittando il quale si trova un animus fascistoide. Tale «cifratura» si riscontra nei movimenti di impronta qualunquista / poujadista / destrorso-populista etc. Tra questi, la Lega Nord. Il «grillismo» appare sempre più come un movimento di
destra: diversivo, sovente forcaiolo, indifferente a ogni tradizione (anche recente) culturale e di lotta, noncurante di ogni provenienza politica
.
La cifratura del grillismo è molto peculiare. Il movimento descrive se stesso con la retorica dei «processi dal basso» che il grillismo ha avuto in dote dai movimenti altermondialisti di inizio secolo e si è adoperato a ricontestualizzare.Per molti versi, il grillismo è un prodotto della sconfitta dei movimenti altermondialisti: ha occupato lo spazio lasciato vuoto da quel riflusso. Per citare Žižek: «Ogni fascismo è testimonianza di una rivoluzione fallita». L'analogia con il biennio rosso nel 1920-21 è evidente.

La retorica autoreferenziale e auto-elogiativa del grillismo è mistificante.
Presso il grillismo, l’individuazione del nemico è sempre diversiva. La «disonestà dei politicanti», i privilegi della «casta» etc. sono problemi veri, e al contempo falsi bersagli: le decisioni importanti sull’economia non vengono prese a Roma, perché il potere capitalistico sovranazionale non autorizza la politica in tal senso. «Ce lo chiedono i mercati» è il tormentone di un’epoca in cui la politica è esautorata.
Qualunque discorso sulla «Casta», anche quando basato su dati di fatto reali, alimenta una strategia di depistaggio e impedisce di individuare e attaccare i nemici veri.

I movimenti che si concentrano a lungo su falsi bersagli diventano «fedeli a falsi eventi».
Falso evento è anche la «rivoluzione di Internet» come la descrive il grillismo: positiva, salvifica, la
risposta a ogni problema. La Rete diventa una sorta di divinità, protagonista di una narrazione escatologica in cui scompaiono i partiti (nel senso originario di fazioni, differenze organizzate) per lasciare il posto a una società mondiale armonica, organicista. L’utopia di un uomo è la distopia di un altro: il video «Gaia. Il futuro della politica», della Casaleggio&Associati, la dice lunga sull'utopia grillina, una sorta di «modernismo reazionario».


Nell’era della crisi della rappresentanza politica, spunta un movimento carismatico che in nome della “democrazia diretta” punta tutto sulle elezioni per costruire il rinnovamento.
È una contraddizione non da poco: Grillo all’inizio affrontava i temi della globalizzazione, spiegandoci che il vero potere si trovava altrove: contava di più il modo di fare la spesa che la scheda nell’urna.
E invece, negli ultimi due anni, il Movimento 5 Stelle non fa altro che organizzare campagne elettorali permanenti, compilare liste di candidati, polemizzare con gli altri partiti. Paradosso nel
paradosso: Grillo – capo carismatico, trascinatore di masse e fondatore del Movimento – non si candida e trae forza dal non mescolarsi con “la politica”. In questo modo è come se tutti i candidati fossero Grillo.

Questo avviene oggi con il Web 2.0. Saremmo degli ingenui se pensassimo che un paese egemonizzato dalla televisione all’improvviso diventasse il laboratorio della comunicazione interattiva. E' una menzogna dividere con l’accetta i media, come fa Grillo, dicendo che da una parte c’è “la Rete” e dall’altra “la Televisione”. I media si muovono nello stesso ecosistema.
Ogni giorno 14 milioni di italiani, un numero impressionante, si collega a Facebook e si mette in questa gigantesca vetrina. Pensano di diventare famosi? Ovviamente no. Ma giocano a esserlo. Allo stesso modo, molti giocano a fare la Rivoluzione a 5 Stelle, postano messaggi indignati, si mostrano attenti alle cause più disparate. Non tutti saranno prigionieri di questo schema, ma ha prodotto il boom elettorale di Grillo. Tant’è vero che all’esplosione di consensi per il M5S non ha corrisposto un aumento dell’attività dei MeetUp o una maggiore partecipazione dal basso.

Il problema nasce quando la massa entra in Rete, proprio in quanto “massa” indistinta, senza coscienza di essere “parte” o di rappresentare un preciso interesse o almeno una determinata cultura. Dal punto di vista culturale, non tecnologico, un nuovo mezzo di comunicazione si afferma solo quando è in grado di rispondere alle domande che aveva suscitato quello precedente.

È solo questione di rappresentazione e voti, cioè di delega e non di reale democrazia diretta.
Dove ci sono movimenti veri, i grillini non attecchiscono, o almeno non sfondano “a sinistra”. Nelle terre dei No Tav i 5 Stelle hanno preso molti voti alle regionali, ma a quei voti non corrisponde mobilitazione reale. Quella di votare Grillo e non votare i partiti della fu sinistra è stata una scelta tattica da parte di una parte di un movimento autonomo e autorevole, che non si fa incantare da Grillo ma gli è riconoscente per aver parlato della TAV.
Il fatto che i partiti abbiano abdicato ai diktat della BCE e poi al commissariamento imposto da Napolitano e Monti, parallelamente al crollo della Lega e del Pdl, hanno creato le condizioni per il boom elettorale del Movimento 5 Stelle.
Il risultato è, ancora una volta, paradossale: in tutta Europa la gente protesta contro le politiche di austerità, tenta di organizzarsi dal basso; in Italia, dove esiste una certa tradizione quanto a movimenti sociali, tantissime persone che potrebbero mobilitarsi aspettano il giorno delle elezioni, per sostituire quelli della “Casta” con altri eletti. Come se questo davvero potesse cambiare la situazione.
Grillo non risponde alla domanda “Come facciamo a costruire altre relazioni di potere e di produzione?”. Oppure, non si chiede: “Come si fa a ottenere una più equa distribuzione della ricchezza?”. La domanda alla quale risponde Grillo è “Come si fa ad andare nei palazzi del potere al posto di quelli là?”.

La non-risposta a queste domande si trova nel cosiddetto troll grillista - nel gergo delle comunità virtuali, una persona che interagisce con gli altri utenti tramite messaggi provocatori, irritanti, fuori tema o semplicemente senza senso, con l'obiettivo di disturbare la comunicazione e fomentare gli animi (fonte Wikipedia). Se si chiede che cosa convince particolarmente del programma del Movimento 5 Stelle la risposta è: “Ci ha fatto vedere la luce. Per noi Grillo è una luce in fondo al tunnel”. “La democrazia partecipata è un concetto unitario e unificante”. Ecco degli esempi di “idee senza parole” dei grillini. Alla radice della loro ideologia pret-a-porter c’è qualcosa di inspiegabile, inesprimibile, irrazionale. Altro che intelligenza collettiva: Grillo muove emozioni, dà vita ad un impasto di politica, spot pubblicitari e sentimenti.
Il problema è che abbiamo chiuso frettolosamente l’era berlusconiana, non abbiamo capito cosa abbia significato davvero, che scorie culturali abbia lasciato nel nostro paese.

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