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Solo i folli possono ancora credere al sogno del nucleare

Quello che è successo in questi giorni in Giappone è l'ennesimo monito (qualora ne avessimo ancora bisogno dopo l'uragano Katrina, il terremoto di Haiti o quello dell'Aquila) sulla fragilità dell'insediamento umano su questo pianeta.

La tragedia che si è abbattuta sul Giappone, al di là dell'efficienza costruttiva e d'intervento, oltre la disciplina di un popolo ferito ma non in preda al panico, è un dramma umano a cui va tutta la nostra solidarietà come esseri umani.

 

Tuttavia, oltre il terremoto e i danni conseguenti, lo tsunami, c'è qualcosa che occupa le pagine dei giornali o gli schermi televisivi: è lo spettro di Chernobyl.

La fragilità della centrali nucleari di Fukushima e Onagawa e i probabili rischi di contaminazione, fuoriuscita di radiazioni, o addirittura di fusione del nocciolo, ci trasmettono un dato inoppugnabile: il nucleare rimane una fonte energetica rischiosa e pericolosissima.

 

Solo i miopi (o coloro che non vogliono farci vedere) si ostinano nel dichiarare che il nucleare è l'energia del futuro. La catastrofe di Chernobyl e quella che si sta prospettando in Giappone sono l'emblema della fragilità della via dell'atomo. Nel primo caso fu un errore umano a determinare il disastro, in questo è la forza della natura a mettere in pericolo la vita degli esseri umani e degli ecosistemi.

 

Per quanto le centrali siano oggi sicure, per quanto gli impianti possano essere resistenti, l'energia nucleare è antieconomica perchè ha un impatto fortissimo e duraturo sull'ambiente. Invece da qualche parte si continua a predicare il verbo della modernità (distruttrice): in Italia siamo tornati al nucleare o almeno è questa la prospettiva e l'ipoteca che il governo Berlusconi vuole mettere sul nostro paese.

 

La  decisione  assunta  dal  Governo  Berlusconi  di  procedere  alla  realizzazione  di  un programma  nucleare  si presenta  scientificamente  inconsistente,  molto  costosa  e contraddice gli impegni europei. Questa scelta contraddice  il  referendum  popolare  del  1987,  che  ha  deciso  l’uscita dell’Italia dal nucleare e nessun sondaggio può sostituire il pronunciamento dei cittadini.

L’energia  nucleare  non  è  abbondante:  essa  serve  solo  a  produrre  energia  elettrica e l’energia elettrica rappresenta nel mondo meno di un terzo del bilancio energetico. Alla produzione di energia elettrica, l’energia nucleare fornisce un contributo pari al 15%, a fronte del 66% rappresentato dai combustibili fossili come petrolio e carbone. A  questo  ritmo  di  consumo,  c’è  uranio  fissile per 50-70 anni. Se  si  volesse  almeno  dimezzare  la  massiccia  incidenza  dei  combustibili  fossili, bisognerebbe almeno triplicare in tempi rapidi la percentuale nucleare: ci scanneremmo per l’uranio come ci scanniamo per il petrolio.

L’energia  nucleare  non  è  pulita:  dosi  comunque  piccole  di  radiazioni possono  causare  eventi  sanitari  gravi  (tumori,  leucemie, effetti  sulle  generazioni  future)  ai  lavoratori  e  alle  popolazioni,  nel funzionamento “normale” degli impianti e, ovviamente, nel caso di incidenti. Resta irrisolto il problema dei rifiuti radioattivi, materia tuttora di ricerca, dopo il fallimento della prospettiva di utilizzare strutture saline.

L’energia  nucleare  non  è  a  basso  costo:  la  complessità  del  ciclo  del  combustibile,  i dispositivi sempre più impegnativi per mitigare l’impatto sanitario degli impianti sono allabase della lievitazione del costo dell’energia prodotta e della situazione di stallo nei paesi più avanzati, che pure avevano perseguito con decisione nel passato questa produzione di energia anche per l’intreccio essenziale con la produzione degli armamenti nucleari. Oggi, mentre il  costo del kWh nucleare continua a crescere, i costi delle  fonti  rinnovabili diminuiscono ogni anno e la loro diffusione cresce in modo esponenziale. 

Il  Governo vuole  introdurre  il  nucleare  ad  ogni  costo,  imponendolo  alle  popolazioni,  ai Comuni,  alle  Regioni prevedendo  per  legge  una  gestione  autoritaria  delle  procedure, militarizzando  la  localizzazione  delle  strutture  nucleari,  costituendo  un’Agenzia  per  la Sicurezza  sotto  il  suo  stretto  controllo  politico  e  quindi  mettendola  nell’impossibilità  di tutelare la salute e l’ambiente con la necessaria indipendenza.

 

Per questo abbiamo costituito il Comitato per un’alternativa energetica al nucleare. Per questo chiediamo al Governo di ripensarci, al parlamento di non approvare la legge che, insieme alla legge 133/08, autorizzerebbe in via definitiva l’introduzione del nucleare in Italia, ai cittadini  di mobilitarsi contro questa prospettiva, di costituire comitati locali di iniziativa ovunque è possibile.

 

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