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Dal blog Voglioscendere.it:

Qui non si parla di politica

Molto saggia la decisione del Cda Rai di chiudere i programmi giornalistici nell’ultimo mese di campagna elettorale. Ora si potrebbero rispolverare presso i
migliori rigattieri i cartelli che il fascio affiggeva negli uffici
pubblici durante il Ventennio: “Qui non si parla di politica, qui si
lavora”. L’idea che, con l’aria che tira, gli elettori venissero a
sapere chi sono i candidati a occupare le mille poltrone dorate dei consigli regionali era troppo terrificante. Meglio evitare.
Il regime è pronto a tutto, persino ad amputarsi il braccio armato, cioè
Porta a Porta, pur di impedire che qualche notizia trapeli.
Provvederanno per tutti Minzolingua, Mimun e Fede (senza dimenticare
Giordano, la vocina del padrone, che inaugura Mediaset News, roba
forte). Del resto il quadro generale è talmente putrido che basta una
telecamera accesa per guastare il panorama.

Si poteva mandare in onda qualche altra serata dedicata al senatore Di Girolamo, affettuosamente
ribattezzato “schiavo” e “portiere” dalle migliori cosche della
‘Ndrangheta? Si poteva raccontare che i candidati favoriti in Lombardia
e in Emilia Romagna, Formigoni (Pdl) ed Errani (Pd), sono ineleggibili
per legge e infatti è pronta una legge ad hoc per legalizzare l’illegalità? Si poteva riferire di che lacrime e di che sangue grondi la Seconda Repubblica,
nata dalle stragi e dalle trattative Stato-mafia, come emerge dai
processi Mori e Dell’Utri grazie alle rivelazioni di Ciancimino e di
Spatuzza? Si poteva spiegare che razza di lombrosario di pregiudicati,
imputati, indagati e prescritti sono le “liste pulite” del Pdl e del
Pd? Si poteva illustrare la pantomima della legge anti-corruzione
scritta dal più noto corruttore della storia d’Europa? Si poteva
seguitare a elencare gli sperperi milionari della Prostituzione &
Corruzione Civile Spa? Non si poteva, salvo trasformare i seggi elettorali in assalti all’arma bianca con gli elettori inferociti armati di forconi.
Al posto delle notizie avremo la consueta sfilata di quaranta leader di
partito che, non potendo più mettere il naso fuori di casa per paura di
essere riconosciuti, si barricheranno negli studi televisivi e lì, con
le piaghe da decubito, registreranno migliaia di autospot per esortare
gli amici elettori: “Votateci perché siamo belli, bravi, onesti e
capaci”. Sono gli ultimi rantoli di un regime agonizzante che
non trova di meglio che rinserrarsi nel bunker e spegnere quel po’
d’informazione sopravvissuta nella speranza di far dimenticare
scandali, ruberie e mafierie levandoli dal video per qualche settimana.


Poi c’è la pochade fantozziana dell’eroico Milioni, che arriva tardi all’ultimo chilometro perché si chiude in bagno per
cambiare gli ultimi candidati in corsa a causa dell’eterna guerra
Banana-Fini, poi va a farsi due spaghi al baretto di fronte e infine
cede di schianto sul filo di lana: come Dorando Pietri alle Olimpiadi
di Londra 1908. O come il ragionier Fantozzi che incede barcollante e
paonazzo verso la macchinetta bollacartoline dell’ufficio sinistri e
poi si accascia al suolo proprio nel rush finale fra i vani incitamenti
dei colleghi impiegati. Come giustificare in tv la leggina che
– si accettano scommesse – legalizzerà la sua illegalità e quella della
lista Formigoni, presentata con 514 firme taroccate e dunque esclusa
dal tribunale?
L’unica soluzione è affidarsi all’apposito Minzolingua: uno che riesce a spacciare le prescrizioni per assoluzioni
saprà trovare le parole giuste per denunciare in uno dei suoi editoriali l’ennesimo complotto delle toghe rosse.

Del resto, nel paese dell’illegalità legalizzata e della giustizia
privatizzata, ci mancherebbe pure che le uniche leggi da rispettare
fossero quelle elettorali e che l’unico a pagare per non averle
rispettate fosse il povero Milioni. Vista l’enormità degli adempimenti
e l’oggettiva urgenza della missione, si potrebbe
trasformare la presentazione delle liste in un Grande Evento e
affidarla alla Protezione civile. Chiamate Bertolaso, o almeno una
massaggiatrice al seguito: quelli, almeno, sono velocissimi.
(Vignetta di Bertolotti e De Pirro)

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