L'AltraSersale

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Sappiamo che non è il tempo, sia per le incombenze religiose che per quanto sta accadendo in Abruzzo, di essere cinici. Sappiamo anche che è il tempo della solidarietà e, in questo come tutti gli italiani, anche noi abbiamo messo a disposizione le Brigate della Solidarietà. Anche noi andremo, chi personalmente chi inviando aiuti a vario titolo, a prestare soccorso e conforto agli abruzzesi.

Ma ci preme tanto sottolineare, come qualcuno riportava sui giornali nazionali, diciamo i soliti facinorosi, alcune stonature mediatiche in questo momento difficile per il paese.
1 – L’11 settembre ha segnato un discrimine fondamentale nella comunicazione: da allora tutto è “catastrofe, tragedia, ecatombe, disastro”… il gergo giornalistico si è impossessato del glossario di guerra per spiattellare la violenza di ciò che succede evocando ulteriore violenza. E così nei vari tg e nei programmi di approfondimento va in onda una gara a chi evoca maggiore disastro, maggiore catastrofismo comunicativo. Perfino il Presidente Napolitano ha dovuto dire ai giornalisti “non rompete; non sono qui per farmi le foto”. E poi impazzano le storielle dei cagnolini o del recupero fortunoso di effetti cari da parte delle vittime, oppure si intervistano senza tregua quelle persone – che di buon cuore – hanno lavorato incessantemente per salvare il salvabile. Perché abbiamo bisogno di sentirci così oppressi dagli eventi? Il terremoto, ma poteva essere una guerra o lo tsunami, sono già di per se stessi tragici, non c’è bisogno di amplificare le sofferenze alla ricerca del macabro.

2 – I commentatori, alla ricerca del sensazionalismo si gloriano di quanto tira il terremoto negli ascolti; non citeremo dati ma andatevi a leggere cosa dicono i giornali; oppure Bruno Vespa, il solito, a condurre un Porta a Porta sulle macerie! La comunicazione sta rasentando livelli intollerabili in termini di fagocitazione della realtà e sua commercializzazione in termini di share. E poi, questa spasmodica e disperata ricerca del sensazionalismo, si traduce in una effettiva carenza di informazione: sapremo quanti animali domestici sono stati salvati, quante vittime, ma non sappiamo se hanno retto di più le case storiche o quelle costruite recentemente: qualcuno dice che la casa dello studente ospitata in uno dei conventi dei gesuiti del 1400 abbia resistito, ma questo qualcuno abitava nella casa dello studente moderna rasa al suolo domenica notte!

3 – i soliti calunniatori di regime, che già cominciano a tirare fuori i retroscena del terremoto: non solo le responsabilità diffuse nella realizzazione delle abitazioni (ingegneri, imprese, amministrazioni, controllori, ecc.), ma anche quel certo business che si nasconde dietro agli interventi d’emergenza (ruspe, tendopoli, ricostruzione e gestione degli aiuti fisici e monetari), oppure, con un po’ di dietrologia, si potrebbe anche ravvisare negli interventi di questi giorni la volontà speculatorie della lobby della ricostruzione.

4 – La passerella dei politici; non è il caso di dire chi sia stato più mesto o più presente; è una vera e propria processione dieci ministri in 36 ore! Un bel record; e pensare che fino a domenica Bossi neanche sapeva dove si trovasse l’Abruzzo, la Carfagna pensava che fosse uno chalet per coppiette in cerca di privacy e la Gelmini è andata a sfogliare il sussidiario! Ma a che serve? Andare lì, sconvolgere la macchina della sicurezza per farsi le foto (si dice che Zaia il ministro leghista, appena sceso dall’auto abbia guardato dritto alle telecamere e non alle macerie), toccare qualche disperato e poi rischizzare via in conferenza stampa per affogare quella gente sotto un mare di promesse e perbenismo. Sapete a cosa serve? Ci sono le elezioni nell’aria, e un po’ di beneficenza e commozione non guasta per la propria immagine!

Potremmo continuare nel trovare splendidi esempi di comunicazione, etiche politiche di un certo spessore, piani diabolici per sfruttare economicamente anche la tragedia (vedi Shock economy di Naomi Klein), ma preferiamo non farlo. Preferiamo augurare agli abruzzesi una buona pasqua, preferiamo augurarci di non vedere più scene tipo Irpinia, preferiamo sperare che l’impegno sincero degli italiani, quell’impegno che ci contrassegna come membri dello stesso popolo, non si esaurisca con lo scemare delle immagini. Quando Bruno Vespa o il Tg1 diranno buona notte, gli abruzzesi cominciano a vivere il loro incubo: tra la paura delle scosse, tra il dolore delle perdite, tra lo sconforto di non aver neanche un tetto sulla testa.

PS: i soccorsi e la solidarietà del dopo terremoto sono stati eccezionali, ma, a memoria futura, vediamo di fare meglio prima, quando si costruisce!

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