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"Wow! dopo i giudici, ora ci odia anche l'Iran" - sembra questo il pensiero del ministrino degli esteri Franco Frattini, dopo l'assalto all'ambasciata italiana a Teheran. Ma, l'ambasciatore a Teheran, Brandanini, parla non di assalto ma di manifestazione senza danni a cose o persone. Ma perché gli iraniani urlano "Morte a Berlusconi"? Gli iraniani non hanno mai criticato l'Italia, se non globalmente come paese occidentale. E perché tanto sbattere d'ali da parte di Frattini? Secondo La Repubblica, ora il governo italiano sarebbe addirittura in prima fila all'ONU a sostenere le sanzioni contro il nucleare italiano.


Due domande, molte risposte. Sempre perchè ritengo di essere alla pari con Frattini in quanto a politica estera, mi permetto di dare la mia interpretazione.


  1. Manifestare il dissenso verso qualcosa o qualcuno fa parte delle libertà democratiche, anche se le manifestazioni si fanno in un paese poco democratico e da parte di 'miliziani' della rivoluzione iraniana. Perciò, finchè non c'è violenza la manifestazione è sempre ammessa. E chi ama la democrazia dovrebbe quantomeno tollerare...
  2. Parlare di assalto ed esortare gli italiani in Iran a grande cautela rientra in una pantomima di clima di guerra, ciò aumenta la percezione che si tratti di un pericolo reale, di una minaccia seria... soprattutto se questa viene dalla faccia poco rassicurante di Ahmadinejad.
  3. Inneggiare alle sanzioni contro l'Iran, soprattutto come ultimi sostenitori di questa misura, è quantomeno ridicolo: o si è per le sanzioni fin dall'inizio o si persegue un altro approccio alla questione nucleare iraniana.
Prima di passare alle altre implicazioni di questa vicenda che ha tutta l'aria di una partita a Risiko! a Palazzo Grazioli bisogna passare in rassegna alcuni dati oggettivi:

La reazione iraniana, la contrarietà al nostro governo discende dalle frasi pronunciate da Berlusconi a Gerusalemme nella sua recente visita: "non si possono ammettere cedimenti: occorre ricercare la più ampia intesa a livello internazionale per impedire e sconfiggere i disegni pericolosi del regime iraniano", ha detto Berlusconi e dal suo placet all'operazione Piombo Fuso con la quale Israele violò ogni convenzione internazionale in materia di conflitti e diritti umanitari nel luglio 2006.

Si tratta di dichiarazioni che in un nanosecondo capovolgono la storica posizione italiana in medio-oriente: equidistanza tra palestinesi e israeliani, penetrazione economica in Libano, Giordania, Siria e Iran (nel 2007, con un interscambio complessivo di 5,7 miliardi di euro, l’Italia è stata, tra i Paesi dell’Unione Europea, il primo partner
commerciale dell’Iran
. Le importazioni dalla Repubblica islamica, per
l’80% petrolifere, sono state pari a 3,9 miliardi, contro esportazioni
per 1,8 miliardi, che hanno posizionato l’Italia al terzo posto tra i
Paesi fornitori di Teheran, dopo la Germania e la Francia; vedi anche relazione della camera di commercio di Teheran).

Invece Berlusconi, tradendo anche la filosofia del suo padre putativo Craxi (anche se non lo stile: una delegazione di oltre 100 persone tra ministri, portaborse e cortigiani), si dichiara migliore amico di Israele, lo vuole addirittura in Europa - e non si spiega come possa essere possibile visto che Israele viola palesemente tutte le convenzioni europee in materia di diritti umani, e inoltre è possessore non dichiarato di arsenali nucleari.
E contemporaneamente spara a zero sull'Iran, mettendo in pericolo la sicurezza degli italiani, degli interessi economici italiani e la sicurezza dello stato (visto che i missili iraniani potrebbero raggiungere la Calabria).

Un analisi realistica della politica estera berlusconiana ci porterebbe a supporre che la capriola italiana sui rapporti Israele-Iran sia dovuta alla triste condizione di marginalità dell'Italia nel processo di controllo del nucleare iraniano. Un processo gestito da USA, Russia, Germania, Francia e Regno Unito in collaborazione con l'AIEA e in cui l'Italia era entrata sotto il governo Prodi in virtù degli stretti rapporti tra l'ENI e il governo di Teheran. Allo stesso modo il governo Prodi si era conquistato la responsabilità dell'operazione di pace dopo la guerra in Libano del luglio 2006.

Al contrario di ciò, l'Italia berlusconiana ha una politica estera fondata sugli "ambigui" rapporti del presidente del consiglio con Putin, Gheddafi, Lukashenko e una vasta gamma di faccendieri internazionali. Perciò l'operazione di Berlusconi è quella di pietire una certa considerazione da parte dell'Amministrazione Obama schierando il paese tutto con Israele, verso cui gli americani hanno sempre avuto una posizione di vicinanza se non di servilismo.

Un premier che va a combinare guai e gazzarre all'estero, che affossa il progetto europeo (con le sue politiche anti liberali), che dileggia la diplomazia e che, ad un certo punto, caccia dal cilindro questa trovata per recuperare. Insomma una politica estera fai da te!




PS: Tra la visita di Berlusconi in Israele e l'assalto all'ambasciata italiana ci sono state due importanti notizie di politica estera:
  • Di Pietro al soldo della CIA - secondo autorevoli fonti di Libero la foto di Di Pietro con Contrada e la storia dell'assegno testimonierebbero un coinvolgimento dell'ex pm in una strategia della CIA volta a cancellare un'intera classe dirigente con Mani Pulite: un complotto CIA-Magistrati!
  • La Pupa e i Pupari - secondo un reportage di Panorama, l'affaire D'Addario sarebbe stato ordito sempre da agenti esterni contro il premier per screditarlo, in virtù dei suoi rapporti stretti con 'statisti' del calibro di Putin, Lukashenko o Gheddafi.
Insomma un governo sotto assedio dei complotti. E se non è stata la CIA allora è colpa dell'odio dell'Iran. Gran lavoro per un ministrino.



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