L'AltraSersale

Un nuovo modo di essere comunità. Un mondo nuovo.

La democrazia diretta secondo Antonio Borelli. Intervista di Emilio Grimaldi.

Dall'Url di Emilio Grimaldi.

Antonio Borelli

Democrazia diretta, economia, turismo e partecipazione. Ha una visione globale della sua città.  Riconosce i meriti di Venanzio Spadafora, del Pd, ex sindaco prima delle “destre” di Vera Scalfaro e Salvatore Torchia, ma non crede possa soddisfare la voglia di cambiamento che richiede la comunità. “E’ ormai superato il suo metodo”, spiega. “Noi, invece, ci battiamo per recuperare il nostro territorio, per difenderlo”, motiva. Ha un sogno: “Un’Amministrazione sostenibile e rappresentativa”. E un incubo: che non lo sarà. Mentre si augura che possa continuare a vedere il mare dalla finestra di casa sua anche tra dieci anni. 
Antonio Borelli, trent’anni non ancora compiuti, candidato a primo cittadino di Sersale, tra le file di Rifondazione comunista, primarie con Venanzio permettendo.

Come giornalista è “maldestro”. Dal punto di vista culturale è “un ignorante della lingua italiana”. Se diventerà sindaco come sarà?
Beh, inesperto, mi hanno detto, per via della mia età. Un’età che in Italia viene definita da “bamboccioni”, da “mammoni”. Mentre io credo che da “articolista maldestro” ho provocato qualcuno e da “ignorante della lingua italiana” ho realizzato un sito che viene letto, quindi evidentemente l’inesperienza per sillogismo non è una condizione squalificante. Probabilmente da sindaco inesperto potrei fare molto meglio di come il paese è stato amministrato finora.
Chi l’ha definito così?
In uno scontro politico con l’Amministrazione comunale affissero un manifesto pubblico in cui mi definirono “articolista maldestro”, “ignorante della lingua italiana” e usarono tutta un serie di offese che hanno poco a che vedere con la politica e che ricadono sul personale. Proprio quello che ho sempre cercato di evitare.  Invece di discutere dei problemi delle persone.
Ha saputo chi è stato?
Era un manifesto a firma dell’Amministrazione comunale. Quindi, è stata la mia amministrazione che ha definito così uno dei suoi cittadini.
Venanzio Spadafora, Salvatore Torchia e Vera Scalfaro. Chi è il suo rivale principale nella campagna per sindaco di Sersale?
Sicuramente Torchia perché sarà lui il candidato a proseguire il progetto amministrativo di Vera Scalfaro. Con Venanzio ci potrebbe essere solo una differenza culturale e generazionale che mi auguro di poter rappresentare al meglio, ma fondamentalmente siamo entrambi impegnati nel battere le destre.
Le destre?
Sì, definizione al plurale. Perché sono un agglomerato di interessi.
Trent’anni non ancora compiuti, davvero pensa di riuscire a farcela in questa campagna?
Sostanzialmente non intendo puntare su una battaglia di giovani contro vecchi. Prima dicevo a questa grossa categoria che sono i giovani - che poi arriva anche ai 45 anni ormai la definizione -  C’è una squalifica costante: quando vai a fare un colloquio di lavoro ti dicono che ti manca l’esperienza, quando proponi qualcosa sei considerato un giovane, quando ti presenti per rappresentare qualcosa sei sempre quello a cui manca qualcosa, quello che non ha le spalle coperte. In realtà, questo è un modo di pensare tipico italiano, che ha la classe dirigente più vecchia d’Europa. Io credo, invece, che sia arrivato il momento che noi, non tanto noi giovani, noi che abbiamo un diverso modo di vivere le cose, ci proponiamo. L’istituto della delega in Italia ha clamorosamente fallito, visto i dirigenti che abbiamo. Io, personalmente, non voglio più delegare nessuno. Voglio essere protagonista del cambiamento.
Perché si candida?
Non a rappresentare i giovani contro i vecchi, ma per rappresentare quelli che hanno un’idea diversa della società, della comunità di Sersale e del modo di vivere insieme.
E qual è?
L’idea che i rapporti umani siano precedenti ai rapporti economici e interessati. Un nuovo modo di vivere.  Questa la sostengo perché dalla mia esperienza mi è capitato di ricevere molto dai rapporti umani. Non parlo delle conoscenze e delle amicizie, ma di investire nel rapporto sociale. Cercare di fare qualcosa, ma insieme.
Perché un cittadino deve votare per lei e non per Salvatore Torchia?
Perché Torchia si candida come rappresentante del “Progetto Sersale”, un “Progetto” che è clamorosamente fallito, non perché lo dica io, è un dato di fatto. Basta guardare le strade di Sersale, la gestione di alcuni elementi fondamentali che vorrei mettere al centro della campagna elettorale. La raccolta differenziata, la gestione delle acque, il fatto che alcune opere per lo sviluppo non sono state realizzate, penso alla Porta Parco, al turismo. Sersale ha grosse potenzialità che non sono state soddisfatte per la carenza amministrativa proprio del Progetto Sersale. Il cambiamento che io propongo non è solo per il centrosinistra ma per tutto il paese. 
Perché un cittadino, invece, in vista delle prossime primarie, deve votare per lei e non per Venanzio?
Venanzio è stato un buon amministratore e ha lasciato anche un buon ricordo. Rispetto a Progetto Sersale rappresenta una validissima alternativa, però, principalmente, è un uomo del novecento. Nel senso che già conosciamo il suo modo di amministrare. Anche lui è stato sindaco. Un metodo di sviluppo che ormai è superato.
Qual era?
Si è concentrato sul cemento, sull’edilizia. Noi, invece, come comitato, proponiamo il recupero del territorio. La difesa dal cemento. Puntiamo all’impatto zero. Sono concetti che sono più consoni a quelli che stanno vivendo questo tempo. Difendere l’ambiente e vivere meglio.
Mi sembra di capire che vede Sersale più come polo turistico che industriale.
Certo. Per questo penso che Venanzio non possa rappresentare le istanze del cambiamento. È necessario fare una lettura universale ed economica di Sersale. Fino agli anni ’80 è stato un paese laborioso, di grande vitalità imprenditoriale. Poi la scolarizzazione e il tracollo dell’economia locale, dovuta alla cattiva gestione dei fondi regionali per mancanza di prospettiva, hanno determinato il fatto che si sia trasformato in una città di servizi. Il paese delle maestranze è diventato il paese degli avvocati, degli ingegneri, dei laureati e dei commercianti. Di conseguenza: se uno vuole lo sviluppo deve puntare a valorizzare queste risorse. Penso anche al turismo, che è una potenzialità di Sersale, che non dà i frutti che merita se non è messo in rete, ovvero: senza la pulizia delle strade il turista si trova in una pattumiera a cielo aperto, senza un abile comunicatore non si riesce a fare marketing turistico. Mi spiego meglio: perché le Valli Cupe diventino un vero polo turistico abbiamo bisogno di queste professionalità. In una parola: fare sistema.
Perché la nuova strada provinciale: Cropani - Sersale, ancora non è stata aperta?
(Ride) Lo chiederemo all’ingegnere Marvaso (responsabile unico del procedimento, ndb) all’assemblea pubblica di mercoledì prossimo.
Quando pensa l’apriranno?
(Ride) Ironicamente girerò la domanda al presidente della Provincia.
Scrive: “Per evitare gli errori del passato, per ridurre la distanza tra i cittadini e la politica c’è solo un metodo: gli istituti di democrazia diretti”. Quali sono?
Dicevo prima che la delega è fallita. Non solo in Italia. È fallita in Europa. Noi abbiamo burocrati che vengono delegati a risolvere problemi che solo noi possiamo risolvere cambiando il modo di pensare. Per istituti, per esempio, abbiamo scelto le primarie perché crediamo che debba essere il popolo sersalese a scegliere. In un ordine più sistematico penso al bilancio partecipato…
Cos’è?
È il bilancio del Comune partecipato. Come è stato fatto a Porto Alegre e come si fa in qualche altro Comune d’Italia.
Dove si trova?
È una regione del Brasile. Qui è stato inventato. Praticamente a gennaio i cittadini cominciano a discutere gli obiettivi fondamentali della comunità e formulano delle proposte concrete che poi vengono votate con dei referendum ad hoc. L’ente pubblico, poi, sulla base dei pareri espressi, orienta il bilancio. È stato uno istituto che ha cambiato così tanto la partecipazione dei cittadini che dopo trent’anni il nuovo governo di destra lo ha mantenuto. Questa è la prova che è uno strumento validissimo di gestione della cosa pubblica. Infatti, democrazia diretta vuol dire partecipazione. Lo dice anche Gaber. Le forme poi si trovano. Noi, per esempio, abbiamo scelto la via assemblare per quanto riguarda la strada.
Le primarie delle idee sono un’invenzione sua?
Le primarie delle idee sono l’ennesima dimostrazione della differenza di gestione della cosa pubblica tra noi e l’Amministrazione uscente. È stata di tutti noi. Cioè: un amministratore può avere un’idea su cosa fare, ma non è detto che sia la migliore. Ascoltando la cittadinanza possono venire fuori delle idee brillanti. Per esempio una ragazza ha proposto la realizzazione di un centro sociale dove poter fare bookcrossing (scambio di libri), si possa discutere, prendere il the.
Quali le sue idee per Sersale?
La sostenibilità dell’Amministrazione e la vivibilità del paese. Fondamentalmente è quello che è scritto su tutti i libri di diritto amministrativo: un Ente pubblico esiste solo se ha un territorio e una comunità.
Quale il suo riferimento politico a livello nazionale?
Tutti conoscono la mia militanza con Rifondazione Comunista.
Intendo il personaggio, il leader politico.
Mah, il panorama è piuttosto desolante. Essenzialmente provengo dalla stagione bertinottiana. Che è anche la stagione dei movimenti. Per quanto riguarda la mia formazione politica è Gramsci, il più grande intellettuale italiano del novecento come dicono all’estero.
E a livello locale?
Orientativamente non sono mai stato rapito dai nomi, ma non posso fare a meno di citare persone validissime a livello locale. Penso ad Antonio Mazza, Carmine De Luca, lo stesso Venanzio Spadafora, che hanno rappresentato la sinistra sersalese. Ma anche ai compagni scritti in minuscolo di Rifondazione e agli amici che mi stanno sostenendo in questa avventura.
Facciamo il gioco della torre. Chi buttiamo giù: Berlusconi o Prodi?
Indubbiamente Berlusconi.
Bersani o Fini?
Fini.
Agazio Loiero o Piero Mascaro?
Troppo scontata la risposta: Loiero.
Venanzio o Pino Commodari?
Butto la torre.
Come immagina Sersale tra 10 anni, in mezzo al verde e alle cascate o ad una selva eolica?
A quanto io so il parco eolico non si farà. Rimarrà il verde. La mia preoccupazione è che rimarrà solo il verde e la polvere lungo le strade deserte.
Come lo vorrebbe Sersale, quale il suo sogno?
Un posto in cui è piacevole vivere.
E il suo incubo?
Che non diventi così. Che siamo costretti ad andare via dalla nostra comunità, dai nostri affetti, dal nostro territorio perché è questo che ci fa essere ciò che siamo. Se la mattina mi sveglio e non vedo il mare vuol dire che non sono più a Sersale.
Se dico Paradiso e Inferno, quale la prima cosa che le viene in mente?
Dante. Ma anche la cascata dell’Inferno, uno dei nostri posti più splendidi e più rinomati della regione. Mentre il Paradiso è qualcosa di intimo e personale.
Qual è la forza della comunità di Sersale?
La convivialità. La grossa capacità di ironizzare e di scherzare su tutto. La capacità di stare insieme.
E la debolezza?
La scarsa determinazione. O meglio, penso ai successi calcistici che sono l’esempio lampante di grande partecipazione e risoluzione collettiva. L’auspicio, quindi, è che si possa partecipare in questo modo anche per altre questioni. Oppure: la mobilitazione per la strada. È anch’essa la dimostrazione che c’è la volontà di arrivare ad un risultato.
Se non dovesse vincere cosa augura al futuro sindaco?
Di riuscire a rappresentare quello che anche io vorrei rappresentato. Lo dico come consiglio. Al di là dei numeri c’è una parte della popolazione che vuole il cambiamento. E chi rappresenta Sersale deve voler rappresentare anche questo cambiamento all’infuori del colore politico.
E se dovesse vincere?

Mi auguro che mi facciano le pulci nell’interesse della comunità. Che siano un’opposizione costruttiva.

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