L'AltraSersale

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In alcuni post precedenti mi sono indignato per gli atteggiamenti di Lippi. Prima le esternazioni sul fatto che "anche chi non gioca bene nel suo club può ambire alla nazionale", alla faccia della meritocrazia. Poi le esclusioni eccellenti di Cassano e Balotelli, che a parer patrio se non fondamentali sarebbero stati utili, e la conferma di un blocco Juve. Anche la Germania ha un blocco Bayern, ma si tratta di uomini che hanno vinto campionato, coppa nazionale e sono vicecampioni d'Europa, non sono la seconda peggior difesa del campionato.
Infine, Lippi ha continuato, sulle ali dell'insindacabilità delle proprie scelte perchè lui è il vincente, il campione del mondo, con arroganza a dribblare alcune critiche.

Alla fine si è assunto la responsabilità della debacle in Sudafrica. E di chi altri poteva essere la colpa se non di uno che non ha azzeccato una convocazione e una formazione?
Tuttavia, il lato preoccupante di questa faccenda è l'esistenza di un sistema Lippi. A parte la lobby dei suoi prescelti e intoccabili, a parte la lobby economica che il figlio intesseva con Moggi, il sistema Lippi si fonda sulla sudditanza dei media nei suoi confronti. La maggior parte dei giornalisti, prima, durante e dopo il mondiale scrivevano "Marcello di qua... Marcello di là" come se con Marcello andassero a cena insieme. Nessuno ha sottolineato durante le tre partite del girone che quella fosse una nazionale senza idee e che quindi un Cassano, genio e sregolatezza, avrebbe comunque dato un po' di imprevedibilità al gioco. Oppure che Balotelli avrebbe, pur nella sua irriverenza e instabilità, dato più sostanza ad un reparto d'attacco stanco e floscio.
Nessuno ha sollevato critiche aspre all'arroganza con la quale il ct si presentava in sala stampa con i suoi "che me ne frega" delle stronzate di Bossi e Calderoli, oppure "che me ne frega" del bel gioco dell'Argentina o dell'età media della Germania (25 anni, rispetto ai 32 degli azzurri!).

Un giornalismo supino ai vincitori. Supino come Minzolini per il Governo. Anche in questo continuo a ravvisare uno stretto parallelismo tra la nazionale e il paese reale. Una nazionale paradigma del paese: arrogante, mafiosa e senza prospettive. Un coacervo di interessi personali, di diritti d'immagine, d'insindacabilità delle scelte e decisioni, uno sprezzo della critica e della democrazia che corrispondono pedissequamente tra una formazione sbagliata e una legge vergogna. Il partito del pro o contro Lippi che si arrovella su questioni parolaie e mai sulla sostanza delle cose, come appunto l'opposizione a questo governo eversivo.

Il parallelismo regge anche all'indomani della sconfitta. Dopo alcune ore di indignazione nazionale, perchè gli italiani si indignano davanti alla sconfitta calcistica e mai davanti all'arroganza della FIAT a Pomigliano, davanti ai disastri della finanziaria. Dopodichè tutti rientrano in buon ordine. Si commenta lo sguardo triste di Cannavaro, ma non il suo cachet. Si parla di gruppo di morti (come ha disegnato Forattini) ma non della cricca.

E non si chiede a gran voce le dimissioni. Lippi non si è dimesso, ha solo rispettato la scadenza del contratto. Ora gode del suo buen retiro senza dover affrontare i processi mediatici che gli converrebbero, come è stato per Donadoni; nessuno che si indigni per il fatto che il Presidente Federale dovrebbe andare via, per aver raggiundo il più disastroso risultato dopo 32 anni: l'eliminazione della nazionale da un mondiale, con un ruolino di marcia indecoroso.

Ma del resto se gli italiani non s'indignano che è una banda di psicolabili, furfanti e fenomeni da barccone, e non lo fa quando si mettono in gioco le nostre libertà, non possiamo mica aspettarci che il popolo pallonaro (che agisce solo per devastare stadi) reagisca all'attaccamento innaturale di Abete alla sua poltrona. L'arroganza del potere non è solo tipica di Palazzo Chigi, ma anche in FIGC non si scherza.

Ora Prandelli ha il compito di cancellare con un colpo di spugna una macchia. Di spingere la polvere sotto il tappetino. Un tappettino di giornalisti.

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