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Un anno fa Barack Hussein Obama veniva eletto Presidente degli Stati Uniti d'America; dopo la barbarie neocon, gli americani hanno scelto la strada forse più radicale: un democratico, progressista e per di più il primo nero alla Casa Bianca.
Sulla radicalità di Obama, bisogna attendere ancora molto per capire quanto cambiamento ci sia dietro alle sue belle parole; tra l'altro il Premio Nobel 'preventivo' enfatizza ulteriormente le aspettative dei cittadini. Sul piano politico il suo programma, che ai nostri commentatori giornalistici sembra veramente rivoluzionario, non è altro che un programma socialdemocratico, tipo quelli dell'SPD tedesca o del Labour Party.
Ma forse, la deriva neoliberista in America si era spinta così oltre nella mecificazione di tutti i diritti, che proporre l'assistenza sanitaria pubblica sembra bolscevismo, che il sostegno alle energie verdi sembra pianificazione economica, che una diplomazia realista sembra una grand strategy liberale.
Anche a noi europei sembra che Obama parli un linguaggio particolarmente di sinistra, proprio perchè la nostra sinistra ha smarrito il senso della sua natura... e lo fa alleandosi coi furbetti del quartierino, soggiacendo ai diktat del Vaticano, favorendo gli interessi economico-finanziari di Confindustria.

Personalmente, non ritengo che Obama sia un profeta; piuttosto è l'America Latina la fucina del futuro: lì si sperimentano e si costruiscono nuove politiche, lì nasce la nuova sinistra!

Però Barack Obama ha qualcosa di carismatico. Oltre al suo aspetto 'piacione', come si direbbe dalle nostre parti, e oltre al suo programma orientato dall'ormai famoso "YES, WE CAN!", il nuovo presidente degli Stati Uniti fonda il suo successo sull'immagine. Da quando Obama è stato eletto è ripartita una sorta di irrefrenabile iconografia del leader, non di tipo fascistoide, ma comunque in grado di evocare emozioni potenti tra i cittadini.
Il rapporto tra arte e potere è così sottile e stretto da trasformarsi esso stesso in potere, in soft power. Ieri negli USA è andato in onda By the People, un documentario su Obama dai suoi primi passi come senatore dell'Illinois fino alla notte del 4 novembre scorso... ma si tratta di un documentario che, anche involontariamente rasenta l'agiografia. Su Repubblica sono state raccolte delle immagini di Obama, quelle create dall'immaginario collettivo e in esse traspare quasi una visione salvifica di quell'uomo che lavora alla Casa Bianca.

Anche i suoi discorsi sono stati letti e riproposti, sono diventati essi stessi simboli - come quello all'Università del Cairo o quello in Kenia - di un nuovo internazionalismo americano quasi come se li avesse pronunciati Wilson o Kennedy. Il carisma di Obama, cioè quel particolare potere di attrazione che ci permette di tollerare difetti, gaffes, di sopportare anche la vacuità di contenuti in un leader politico, è, secondo molti studiosi, in realtà un'arte di costruzione della propria immagine e dell'immaginario collettivo. Simbologia politica, iconografia e parole di Obama sono in realtà frutto del lavoro di David Axelrod, di Robert Gibbs e di Jon Favreau: il primo è consulente per la politica estera del presidente americano, lui è l'autore del riorientamento del ruolo americano nel mondo e ha consentito il recupero di immagine dopo il disastro dell'Amministrazione Bush; il secondo è stato responsabile della comunicazione della Campagna elettorale, mentre il terzo è un giovane ghostwriter che scrive i discorsi del presidente.

Una attenta e preparatissima regia dietro all'uomo più potente del mondo, gente che ha trasformato le proprie competenze in sound policy, in politica concreta. Su di questa a noi non rimane che osservare e commentare; sul Manifesto si distigue tra due profili di Obama: quello delle elezioni, caratterizzato dall'audacia di vincere, quello della presidenza, caratterizzato dalla timidezza del governare.




PS: Per noi italiani, Obama è soprattutto uno schiaffo costante, un promemoria ossessivo: perchè loro hanno Obama e a noi è toccata questa classe politica?!

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