Enrico da non dimenticare
(adattamento da Commodari,
Newsletter PRC Catanzaro)
L’11 giugno 1984, 25 anni fa, Enrico Berlinguer. Sono passati 25 anni dalla scomparsa del più amato leader della sinistra italiana. Forse l'unico uomo della storia del movimento comunista italiano in grado di andare oltre lo steccato del proprio popolo fatto di militanti e simpatizzanti.
Oggi a 25 dalla sua scomparsa Fini ne celebra l'ammirazione. In fondo anche Almirante partecipò ai funerali di Berlinguer, in forma privata e 'Da solo, perché non dovevo temere nulla, perché oltre il rogo non v'è ira nemica...'
Tuttavia le celebrazioni di questi giorni hanno un carattere particolare, provengono da un mondo che non ha ereditato nulla dal messaggio di Berlinguer. Nè Franceschini, nè D'alema, nè tantomeno i leader della sinistra radicale, figuriamoci poi il revisionismo destroso di questi tempi, hanno colto la portata delle intuizioni dell'allora segretario del PCI.
Ci si interroga, oggi, se Berlinguer fosse troppo comunista, in virtù della scarsa cultura critica del PCI sulle dittature dell'Est; se invece in lui ci fosse già il germe del partito socialdemocratico cui si sarebbe approdati col crollo del Muro. Oppure se il
"compromesso storico" non sia l'alibi per un latente 'inciucismo' della sinistra che rende giustizia all'idea che la I Repubblica si sia fondata (e affondata) su una pratica del potere diffusa su tutto il territorio nazionale; e di cui la II Repubblica sembra comunque intrisa.
A nostro parere, e contro le facili giustificazioni e revisonismi contemporanei, bisogna dare una lettura leggermente differente di Berlinguer, anche perchè egli era capace di
"pensieri lunghi", ben oltre lo stretto contesto storico in cui li esponeva. E inoltre le idee non vanno astratte dall'intero elaborato del leader sardo.
L'idea del compromesso storico, nacque dopo il golpe cileno che destituì Allende. Berlinguer aveva notato che le istituzioni democratiche italiane erano logore perchè la tendenza della DC a esludere il PCI da qualsiasi possibilità di governo, e la montante contestazione radicale dei movimenti che sarebbero sfociati nella lotta armata, stava facendo regredire l'Italia a soluzioni autoritarie (di cui i complotti e il deviazionismo dei servizi segreti costituiscono solo la punta dell'iceberg). Riflettendo sulla criis democratica, cui certo il PCI contribuiva, Berlinguer individuò in
Aldo Moro una sorta di cavallo di troia per portare finalmente il PCI e il mondo socialdemocratico al governo della repubblica.
Attraverso il dialogo con l'ala sinistra della DC Berlinguer voleva rigenerare le istituzioni democratiche, e "alcune parallele visioni", come diceva Moro, col PCI sarebbero servite alla Dc stessa per liberarsi dal marciume che ne affossava l'immagine.
"I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società, della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l'iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un "boss" e dei "sottoboss". La carta geopolitica dei partiti è fatta di nomi e di luoghi. Per la Dc: Bisaglia in Veneto, Gava in Campania, Lattanzio in Puglia, Andreotti nel Lazio, De Mita ad Avellino, Gaspari in Abruzzo, Forlani nelle Marche e così via. Ma per i socialisti, più o meno è lo stesso e per i socialdemocratici peggio ancora..." .
"I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali , gli ospedali, le università, la rai Tv, alcuni grandi giornali."
Berlinguer lanciò la
questione morale per avvertire l'Italia del degrado e del fallimento cui sarebbe andata incontro. La questione morale era il necessario corollario alla dottrina del compromesso storico. Perchè il PCI non sarebbe entrato in nessun governo di unità nazionale, per rafforzare lo Stato difornte alla crisi, in cui sarebbero stati presenti potenti e corruttele varie.
"La questione morale esiste da tempo. Ma ormai essa è diventata la questione politica prima ed essenziale perchè dalla sua soluzione dipende la ripresa di fiducia nelle istituzioni, la effettiva governabilità del paese e la tenuta del regime democratico"
Questo è il punto che il revisionismo storico e politico di questi giorni fatica, o non vuole cogliere.Berlinguer non aveva intuito che la crisi stava spazzando via gli istituti della vita democratica del paese (e il terrorismo ne sarebbe stato la prova), e con questa intuizione intendeva giustificare l'idea del 'governo a tutti i costi', nè tantomeno l'inciucismo di cui recenti leader della sinistra, Veltroni e D'Alema uber alles, sono stati capaci.
No, Berlinguer aveva capito che il PCI era una forza politica matura, abbastanza distante dalle idee sovietiche della società e del consenso, per cui la sfida del governo, difronte alla crisi economica, sociale e politica dell'Italia degli anni '70, doveva essere affrontata con un rinnovato slancio etico.
La Resistenza aveva liberato l'Italia dal nazifascismo e l'aveva ricostruito disegnando un'ottima architettura istituzionale. Poi la divisione del mondo in due blocchi aveva imposto alla Dc di espandersi come un cancro nello Stato, e pertanto la nazione aveva bisogno di un nuovo progetto di purificazione.
Progetto che ovviamente naufragò per via dell'uccisione di Moro e per la morte dello stesso leader del PCI. Un progetto che una sinistra matura e moderna dovrebbe studiare insieme a tutti gli scritti di Berlinguer. Un progetto che non può essere volgarizzato da facili riduzionismi e lacrimose commemorazioni.
Berlinguer, ti vogliamo bene!
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