L'AltraSersale

Un nuovo modo di essere comunità. Un mondo nuovo.

Dal diario di un navigatore: luogo sconosciuto, data non riportata.

 

Sono qui da oltre un mese e forse comincio a comprendere meglio i luoghi, tuttavia trovano anche conferme alcune osservazioni che avevo fatto di primo impatto. Qui ai confini dell'impero è tornato il sole, e il gelo, e come previsto "loro" sono scappati tutti in campagna. La loro bassa propensione alla socialità ha ulteriormente ridotto le possibilità di svolgere il mio lavoro di funzionario imperiale. Sempre più spesso sono percepito come lo spione, il nemico, l'uomo delle tasse, l'inutile censore, l'avventore allocco.

 

La mia Panda bordeaux ha cominciato a lanciare segnali di sofferenza e, l'altro giorno, grazie alla profonda conoscenza che "loro" hanno della loro terra ho scorazzato su e giù per gli stessi 3 km senza riuscire ad indentificare la persona che cercavo. La chiarezza nell'individuare le persone, spesso parenti diretti o vicini prossimi del gentile fornitore d'informazioni, mi hanno costretto non solo a girare a vuoto come un randagio, ma soprattutto mi hanno spinto in una zona a pochi metri dalle case, ma nel fango più infame. La mia Panda è sprofondata in una pozza di fango gelato e ho passato due lunghe e gelide ore a far ruggire il motore nella speranza di uscire da quella melma che ormai era tutt'uno coi miei vestiti, con le mie scarpe, con la mia anima.

Ho perfino sottratto materiale ad una casa per cercare di uscire dal pantano, ma nessuno si è affacciato per vedere nonostante i lunghi latrati di un cane anche lui folgorato dalla scarsa propensione alla socialità.

Alla fine, ridotto allo stremo - io e il 1100 della mia Panda - sono intervenuti tre villici, è bastata una spinta e sono venuto fuori. E' bastato solo un contatto umano e quell'inferno di fango e ghiaccio non sarebbe scritto su questa pagina! Invece niente, nessuno si è affacciato, nessuno ha risposto al citofono, finchè non ho braccato un tizio fisicamente...

 

Ormai il concetto di 'propensione marginale alla socialità' è la categoria con la quale descrivo ogni idealtipo umano incrociato. Esso è semplicemente il rapporto tra il numero di occasioni di socializzare e i benefici che derivano dalla socializzazione. Dando per costante e tendente ad infinito il beneficio della socialità, appare chiaro che con un numero esiguo di occasioni di socialità, la propensione alla socialità diventa marginale, cioè nulla. Il loro atteggiamento di ridurre al minimo i contatti li induce a non tenere in debita considerazione i benefici che potrebbero discendere da una vita sociale più pregna.

Ho dedotto che ciò sia dovuto ad un eccessivo rapporto con la terra: la campagna ti impegna, ti sfianca e ti tiene lontano dalle persone. Pertanto ognuno tende a vivere come una monade, autosufficiente e isolata, senza il bisogno di socializzare e ciò si trasferisce agli abiti sociali, individuali e collettivi. Lo capisci visitando le loro case, spesso poco curate, buie e fredde. Lo capisci dalle loro strade deserte dopo una certa ora, lo capisci dai bar frequentati sempre da persone in abiti da campagna, dal basso consumo di determinati prodotti, dalla priorità che hanno i trattori e i mezzi agricoli rispetto ad altri beni di consumo.

 

Lo capisci da una strana e assurda toponomastica: non solo non esistono le indicazioni sulle strade e i numeri civici, non solo mancano i campanelli o i nomi sui citofoni e cassette della posta, ma addirittura la stessa contrada finisce per denominarsi in due, tre, quattro modi diversi!!! Risultato: non sai dove abitano, non sai chi è il vicino, spesso odiano i parenti per questioni di eredità. Ancora una volta la terra determina gli atteggiamenti sociali.

 

Esemplare l'avvenimento di qualche giorno fa.

Mi avvicino ad una signora e chiedo dove abiti una persona. Lei reagisce con una smorfia tra lo schifo e la compassione per me che avrei dovuto affrontarla. Alla fine mi da le indicazioni (di solito si stringono nelle spalle dicendo di non conoscerla o ti danno un'indicazione che si rivelerà errata) e mi prega di non riferire che ho parlato con lei, "per il mio bene" (!), aggiunge.

 

Incontro la persona e la trovo vestita col giubbotto in casa, nonostante nel camino la legna sia accatastata e pronta ad essere arsa. Sulla tavola campeggia un piatto in cui galleggia una bridaglia indefinibile e nauseabonda e una bottiglia di plastica consunta dall'uso, piena di vino. La signora pulisce il tavolo con uno straccio e getta le briciole in terra per fare spazio a me, presunto esattore, controllore, sbirro o chissà che cosa. Comincio a condurre l'intervista tra le dichiarazioni sull'inutilità di coltivare della signora, sull'invendibilità dei prodotti accumulati in garage, sull'inutilità della vita, sull'auspicio che la morta raggiunga anche lei come ha colto il marito qualche anno prima.

 

La signora comincia a declinare numeri e superfici, prima di un lotto, poi di tutti i possedimenti, prima di un solo agro poi di un altro, prima di sua proprietà, poi di suo marito. Ecco un estratto del dialogo tra un rilevatore imperiale e una di "loro":

 

Ril: "Signò, quanta terra coltivate?"

Sig.ra: "E che vi voglio dicère... 40 tommoli!"

Ril: "Tutta quanta?"

Sig.ra: "No, la mia"

Ril: "E quella di vostro marito?"

Sig.ra: "E chill è mmuort, mannagg la maronna, putesse morì pur'io..."

Ril: "Si, ma voi la coltivate?"

Sig.ra: "Eccerto, chè non coltivo... avete visto quanto grano c'è e nessuno che se l'accatta!"

Ril: "E quindi quant'è grande la terra vostra e quella di vostro marito?"

Sig.ra: "40 tommoli"

Ril: "Ma quella non era solo la vostra"

Sig.ra: "E chè, non è la mia?! tengo lo strumento di mio marito"

Ril: "Vabbè, e quindi tutta quanta quanto è grande?"

Sig.ra: "eeeeee, e che sarà: 15 etti"

Ril: "Ma è tutta in un solo comune?"

Sig.ra: "Noooo, a tre comuni diversi"

Ril: "E qua quanto è grande"

Sig.ra: "40 tommoli"

Ril: "E invece negli altri comuni?"

Sig.ra: "Ma che ne sacc... ce ne ho qua, là, a qull'altra parte" (lo dice nominando luoghi sconosciuti e agitando le mani e il volto)

Ril: "Ma la parte maggiore e qui? Posso scrivere che qui sono 40 tommoli e alle altre due parti 10 e 10?"

Sig.ra: "Si, scrivete accussì"

Ril: "Quindi qui sono 20 tommoli di che cosa? Olive, grano?"

Sig.ra: "No qui è di mio marito"

Ril: "Ok, ma che c'è uliveto o seminativo?"

Sig.ra: "No qua non mi danno l'integrazione e o ggrano nun se vende"

Ril: "Perciò qua fate grano e olive, e alle altre due parti?"

Sig.ra: "Pure. Na patata, dui carciofi" (su una superfici di 15 ettari!)

Ril: "E là non ci sono olive o grano, vigna?"

Sig.ra: "Noooo, quello quando c'era mio marito ci faceva la vigna e piantava il grano, chiamiamo l'operai per le aulive..."

Ril: "Ah, quindi in queste altre due parti non coltivate più?"

Sig.ra: "Come non coltivo, ca ccà se nun coltivo l'abbandono e se le fottono quelli, i parenti di mio marito... c'avete andato da quei fetienti?" (riferendosi alla vicina di prima, che aveva fatto la smorfia)

Ril: "No. Quindi avete uliveto e vigna là, uliveto e grano qua..."

Sig.ra: "eh, 40 tommoli, ve l'agg ditt!"

Ril: "Si, ma io devo sapere quanto è qua e quanto ce n'è là..."

Sig.ra: "Ma voi poi mi cacciate sti quattro soldi d'integrazione e me facite pagare le tasse, per questo domandate"

Ril: "No, signò... io faccio le statistiche, non mi interessa quanto guadagnate... io non lavoro alla finanza"

Sig.ra: "Ahhh, che quelli fetienti mi hanno messo l'avvocato per la terra di mio marito e mò mi mandano tutti sti genti ppe spruvà..."

Ril: "No, no... allora, continuiamo... commercializzate i prodotti agricoli?"

Sig.ra: "Ahhhhhhhhh, ma ve l'agg ditta ca nun se guaragn cchiù... nun me credete. Venite, venite che vi faccio vedè tutto il grano che tengo" (e mi trascina nel deposito dove la commistione di prodotti agricoli è totale)

Ril: "Ho capito signò. Ma avete animali?"

Sig.ra: "E che vulite: due galline, due maiali, due conigli"

Ril: "ma sono per autoconsumo?"

Sig.ra: "No li vendo"

Ril: "Quindi avete ricavi dalla vendita di prodotti agricoli"

Sig.ra: "Noooo, nun o scrivite, ca io tengo solo due galline, due maiali, due conigli"

Ril: "Vabbene, quindi avete 15 ettari di terra, un po' uliveto, un po' seminativo, la vigna, e gli animali, un poco quà e un poco là"

Sig.ra: "E che tengo, nun tengo niente... quelli erano di mio marito. Io non tengo niente."

Ril: "Qundi scrivo che non coltivate?!"

Sig.ra: "E chè nun coltivo?, che se non lo coltivo se la fottono. Non ho nemmeno il tempo di morire... ma se putisse murì, ppè nun sentì tutti sti fetienti, ca nun c'a facc cchiù..."

Ril: "Vabbene, abbiamo finito" (lo dico sfinito dal disordine psichico della signora, dai miasmi della sua tavola e dal freddo della sua casa)

Sig.ra: "Vabbuò... giovinòò, sentite cca, vuje ca tenite e scole: ho fatto la domanda del porto d'armi e mo non ci posso andà a fare l'esame"

Ril: "Il porto d'armi? e che ve ne fate, signò" (alludendo ai suoi 60 anni tracciati nei solchi del suo viso e nelle ferite alle sue mani ruvide e nere)

Sig.ra: ""Eh, mi serve... metti che io voglio sparà!............ voglio sparà a n'animale (lo dice per fugare il campo da allusioni ai suoi parenti interessati alla terra), tengo il fucile di mio marito quà, è nu peccat ca nun se usa"

Ril: "Mah signò non so come aiutarvi... io non me ne intendo di armi"

 

E' solo un aneddoto, ma qui c'è materiale per scrivere il manuale della provincia agraria italiana... tutti affannati a produrre un grammo d'olio, come se non ci fosse futuro senza olio. Tutti impregnati di terra. Non che questo non sia un merito, ma non si può permettere alla terra di abbrutire l'uomo. Nè all'uomo di abbrutire la terra.

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