L'AltraSersale

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La lettera aperta diffusa in questi giorni da ProLoco Sersale ci chiama ad un intervento a gamba tesa, com'è nostra vituperata abitudine.

Già nei giorni scorsi, Spartacus sul suo blog aveva ironizzato sul senso di quel "tutto il resto in ombra" che campeggiava sui manifesti della ProLoco. E si era anche autodenunciato ma non come 'detrattore' ma come semplice osservatore di ciò che avviene a Sersale.

 

Nella lettera aperta del Presidente Gallo ci sono degli ottimi spunti di riflessione, perciò cogliamo il suo sfogo per unirci al vociare di paese che si è fatto in questi giorni.

Nel farlo concordiamo con gli organizzatori sulle difficoltà oggettive di realizzare e gestire un evento come "un tempo in un borgo..." che è ormai consolidato e che ha raggiunto risultati notevoli in termini di presenze e di qualità. Tuttavia i 'detrattori', esigui o meno, hanno messo in luce quanto risaltava agli occhi di tutti: dov'erano gli antichi mestieri?

La risposta è altrettanto semplice: non esistono più. I vecchi artigiani sono ormai scomparsi, quelli nuovi faticano ad essere artigiani. E poi ci sono state le defezioni di molti espositori, altri hanno preferito lo stand gastronomico, alla ricerca di un guadagno facile. La domanda da porsi sarebbe piuttosto perchè c'è chi non partecipa, chi vuole farsi solo qualche spicciolo? E' forse un problema culturale?

In queste condizioni non si può certo imputare alla ProLoco alcun fallimento, anche perchè la crisi morde duro e ciò riverbera sulle scelte delle persone. Ma forse un piccola critica, quantomeno estetica si potrebbe concedere a qualche detrattore:

  1. bastava cambiare il nome alla manifestazione e nessuno sarebbe rimasto deluso: un "borgo di sapori" avrebbe agevolmente rimpiazzato "un tempo in un borgo" e non avrebbe deluso le aspettative dei visitatori;
  2. bastava essere meno avventati, evitando di mettere nell'ombra gli altri: all'ombra si è visto molto di più e molto meglio. Basti a titolo di esempio il Petronà Fungo Festival (e non perchè siamo fan dei Modena City Ramblers!). Basta andarci all'ombra per vedere come si organizzano e gestiscono eventi.

Questi sono gli unici appunti che si possono muovere a proposito della polemicuccia estiva degli antichi mestieri. Ribadiamo che è difficile gestire un evento che dura una settimana con pochissime risorse, pochi uomini. E nonostante ciò c'è da apprezzare anche l'offerta musicale/culturale.

 

Però il Presidente della ProLoco, a nostro pretestuoso avviso, avrebbe potuto usare toni diversi. Non c'è nessun disturbo nelle attività di un'associazione come la ProLoco, percepire le critiche come accuse non contribuisce a dipanare il senso delle cose. Del resto la ProLoco è un'associazione - le aziende perseguono il lucro! - fatta di uomini, e come tali possono sbagliare. Tutti sbagliano. Anche "chi non fa", come dice Gallo.

 

Ci dispiace dissentire però sul senso nascosto che si cela dietro quel "chi non fa non sbaglia", cioè che chi non fa non può neanche criticare. La lettera aperta della ProLoco rimanda le critiche agli esigui 'detrattori' (di cui non si fa menzione). Senza coglierne il minimo suggerimento.

 

Ebbene, come potenziali detrattori e come semplici esseri pensanti, noi proviamo a cogliere il senso delle critiche mosse, anche esageratamente, alla ProLoco.

L'esperienza di "un tempo in un borgo..." è la dimostrazione di ciò che andiamo dicendo da anni. Il turismo non si può delegare ad un'associazione o una cooperativa, per quanto armati di buona volontà, abnegazione ed esperienza.

Il turismo è un prodotto e come tale necessità di un processo produttivo in cui diversi elementi si assemblano in determinate condizioni. E come prodotto il turismo è soggetto alle leggi di mercato: si vende o non si vende, è vittima di concorrenza.

 

Visto in questi termini possiamo agevolmente dire che quest'anno "un tempo in un borgo..." non è stato assemblato bene. Innanzitutto il turismo è fatto al 90% di servizi: non si può organizzare un evento chiudendo i bagni pubblici, non vigilando sui servizi igienici degli esercenti (che, per inciso, hanno anche il loro rientro economico dall'evento e dal suolo pubblico) o non predisponendo un servizio di vigilanza su parcheggi e rispetto dei portatori di handicap; bisogna tenere in considerazione anche i rifiuti, la sicurezza degli impianti.

Inoltre non si può strafare col marketing: nel turismo se millanti di offrire qualcosa e poi non lo fai, il visitatore ti punisce. Il turista è la migliore pubblicità, ma anche il peggior detrattore.

Il turismo non può essere pratica amatoriale e d'improvvisazione. Dietro agli eventi c'è da studiare un cencept, sviluppare la fruizione e affinare la gestione, promuovere la comunicazione. Insomma, la ProLoco, o chiunque altro, non può supplire a chi dovrebbe fare tutto ciò.

 

Ma del resto "Sersale è un paese a vocazione turistica" come si sbandiera da anni. Per questo a Ferragosto c'era un solo bar aperto, per questo ogni giorno c'è la coda al centro d'informazione turistica (già realizzato secondo recenti manifesti), per questo abbiamo "il segreto meglio custodito d'Europa": è segreto perchè non ci si può quasi arrivare. Più che vocazione, il turismo a Sersale è un atto di fede.

 

I destinatari della lettera aperta di Ettore Gallo dovrebbero essere altri: i sersalesi in primis, perchè senza il loro contributo Sersale rischia di diventare uno di quei paesi del deserto: invidie e gelosie tra mandriani e nessuno che si fermi per prendere un caffè; l'amministrazione, che potrebbe e dovrebbe fare molto di più; i detrattori, che se hanno un'idea diversa la devono (poter) esprimere e devono faticare per realizzarla.

 

L'obiettivo della critica è suscitare una reazione, muovere ad un cambiamento. 

 

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