L'AltraSersale

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Sinistra, ricominciamo da Tsipras.

di Alessandro Gilioli su MicroMega:

Ascoltatelo, quello che dice Alexis Tsipras.

Ascoltatelo con tutta la cautela e la diffidenza che si merita ogni politico, certo, e senza ingenui o messianici esotismi. E ascoltatelo anche accettando serenamente le prese in giro di quelli che, senza avere ascoltato, attaccano: "Ah, voi di sinistra vi siete presi lo straniero perché non ne avete uno decente italiano".

Che poi è pure un po' vero, non dobbiamo avere paura di dirlo: la sinistra italiana da tempo non elabora una classe dirigente che vive in questo secolo. E quei pochi che forse ci sono (Barca e Civati, ad esempio) sono misteriosamente rimasti nel Pd di Renzi: e lì si tengono i loro meritati mal di pancia da autosequestrati.

Quindi sí, almeno per ora funziona così: con lo "straniero". Ma se Tsipras fosse il detonatore di un processo di cui in Italia si ha un gran bisogno (l'azzeramento-ricomposizione su nuove basi della sinistra), non c'è da stracciarsi le vesti: anzi, hic et nunc, ben venga lo straniero.

Poi, ovvio, non basta: perché subito dopo le maniche ce le dobbiamo rimboccare noi.

E rimboccarsi le maniche vuol dire prima di tutto cercare di capire con quali visioni e quali pratiche questa cosa può funzionare o meno, prima e dopo le elezioni di fine maggio.

Non parlo tanto del programma politico di Tsipras e della sua lista, che probabilmente potrebbe essere votato da diversi milioni di italiani, ma delle gambe su cui quelle idee cammineranno: quindi dei linguaggi e delle forme mentali.

Prendete, per capirci, l'esperienza fallimentare di Rivoluzione Civile, un anno fa. Non è che fosse "brutto" il suo programma in termini di diritti sociali e civili: anzi. Ma decisamente pessime sono state le pratiche messe in atto dai decisori di quella lista, annegati in un sistema cognitivo arcaico, egoista e suicida.

Alexis Tsipras, per quello che ho potuto ascoltare qui a Roma, sembra invece essere un contemporaneo: per linguaggio e per approccio antidogmatico ai problemi, ad esempio. Per quel mix di pragmatismo e utopismo che solo può portare a qualcosa di buono. Per coraggio e imprudenza: eppure anche realismo e concretezza.

A sentirlo parlare, ad ascoltare le motivazioni così basiche per cui fa politica, mi sembra più simile a tanti miei amici che stanno nel M5S (ma anche con Civati e perfino con Renzi) che non alla vecchia subcultura autoreferenziale della sinistra nostrana: quella che ancora ci portiamo dentro come una zavorra, incuneata nei nostri reticoli concettuali, nei nostri luoghi di riferimento, nei nostri tic quotidiani.

E, ammettiamo anche questo, si tratta di zavorra trasversalmente presente tanto nei partiti quanto nella famosa società civile.

Tra l'ascolto di Tsipras e la determinazione per costruire la sinistra italiana del XXI secolo c'è dunque da fare ancora questo piccolo grande passaggio umano e culturale. Che probabilmente non è neppure tanto questione anagrafica, "ageistica": quanto di testa, cioè di autopedagogia e di eterodossia anche rispetto a se stessi, al proprio stratificato passato.

È questione insomma di uscire dalle nostre roccaforti fisiche e mentali, per mescolarci finalmente al mondo fuori e magari avvicinarlo un po' a quello, migliore, che dovrebbe e potrebbe essere.

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