L'AltraSersale

Un nuovo modo di essere comunità. Un mondo nuovo.


In fondo oltre che un militante di partito ho studiato Scienze Politiche per 6 anni e voglio cimentarmi anch'io in un'analisi del voto. Non per presunzione ma per un bisogno fisiologico!
Come leggere ciò che è accaduto alla sinistra italiana? Due liste di sinistra, quella Anticapitalista (PRC) e quella moderata (SL, Sinistra e libertà), che insieme raggiungerebbero quasi il 7% e che andando divise non hanno eletto neanche un eurodeputato.

Dunque, il dato oggettivo è che esiste una "sinistra diffusa" nel paese; poi, che la teoria veltroniana dell'autosufficienza del PD non solo si è rivelata fallace, ma ha difatto consegnato il paese alle destre (le peggiori sul continente, perchè mafiose, piduiste e xenofobe) e relegato l'esistenza della sinistra ad alcune realtà, significative ma piccole. Inoltre bisogna osservare che se si fosse votato per le politiche, salterebbe agli occhi non solo che il sogno plebiscitario di Berlusconi non si è avverato (forse anche grazie alla campagna gossippara di Repubblica) ma che le forze che facevano parte dell'UNIONE oggi sarebbero quasi maggioranza nel paese.

Ma come si chiede Vauro nella vignetta "Sinistra, che fare?". Paolo Cento, dei Verdi, domenica sera sosteneva che ora il problema non è se ma come, per fare cose e con chi. Il punto è questo: a che servono due sinistre radicali, a che servono i recinti identitari post-comunisti e gli improbabili sogni cantieristici di Vendola? Forse la risposta più elegante, ma pur sempre chiara la fornisce Dino Greco (Liberazione 10 giugno 2009): "Una sinistra di opinione, eclettica, chiacchierona e autoreferenziale, congenitamente malata di istituzionalismo, del tutto avulsa dal sociale, incapace di riselezionare il suo gruppo dirigente nelle lotte e nel conflitto, non va da nessuna parte. [Il popolo della sinistra] non ti ascolta, se gli operai del Nord votano più che mai la Lega; se chi si batte per la laicità trova più convincente il messaggio dei Radicali; se le giovani generazioni si dividono fra quanti esauriscono il loro protagonismo nel carsico mondo dei movimenti e quanti - fuori da qualsiasi impegno politico e civile - consumano la loro esistenza e il loro sistema di relazioni in una dimensione esclusivamente privata".


A queste opinioni vorrei aggiungere alcuni grafici di Deimos che Ilvo Diamanti ha pubblicato su Repubblica. Guardando la distribuzione del voto alla sinistra (PRC e SL) su base provinciale saltano agli occhi parecchie cose.


Sulla sinistra, il radicamento della lista Anticapitalista e comunista:
- totale scomparsa al Nord-Est e ridimensionamento al Nord-Ovest: in queste macro aree la dimensione di impresa, l'idea dell'imprenditoria e la foga securitaria della Lega hanno completamente trasportato il movimento operaio nei gangli del corporativismo leghista; ormai padroncini e operai votano insieme contro il nemico, lo straniero che usurpa, stupra, ruba (ma che sostiene la domanda interna e il profitto locale, con la sua manodopera!);
- totale scomparsa in Sicilia: il blocco storico che attanaglia l'isola, l'alleanza tra berlusconismo e potere mafioso (come dimostra l'elezione di tutti gli avvocati dei trenta peggiori mafiosi italiani tra le file del PdL, o i comprovati legami tra Dell'Utri e Mangano), ha perso un po' di posizioni relative ma soprattutto a vantaggio dell'Mpa di Lomabrdo. In questa realtà l'Antimafia che da sempre era la nostra bandiera, grazie soprattutto alle orecchie da mercante del governo Prodi e alla lungimiranza della Finocchiaro, è passata all'IdV che ha saputo scegliere tra candidature di rilievo.
- Centro e Sud: il PRC sembra invece mostrare notevoli segni di vitalità in Umbria, Lazio, Toscana, Calabria e Sardegna, soprattutto nelle provincie minori e lontano dai grandi centri. In queste realtà il PRC ha superato di gran lunga il 4% (addirittura il 9% a Reggio Calabria). La spiegazione è rintracciabile in un massiccio lavoro di radicamento sociale del partito ad opera soprattutto delle giunte di centrosinistra che non hanno tradito i programmi, e forse anche grazie allo status dell'elettore medio della sinistra: pensionato o dipendente pubblico, titolo di studio medio-alto, presenza di vivacità culturale.

Sulla destra, il radicamento di Sinistra e Libertà:
- stesse considerazione per Nord-Est e Nord-Ovest, dove la maggior forza della sinistra radicale, proveniente dall'onda lunga dei movimenti altermondialisti (no Tav, no Mose, disobbedienti) sembra essersi infranta sullo scoglio della criminalizzazione di qualsiasi discussione di merito sulle questioni, e sulla deriva securitaria. A questo deve aggiungersi una massiccia presenza di giunte locali a guida PD che hanno notevolemnte fallito sul piano dell'innovazione amministrativa: un esempio su tutti lo sceriffo Cofferati!
- al Centro il movimento vendoliano acquista visibilità soprattutto nelle aree metropolitane dove più forte è la capacità di penetrazione e comunicazione con i mezzi pubblicitari: cartellonistica, internet e manifestazioni. Lo spostamento di grosse fette del gruppo dirigente ex-rifondarolo a SL, l'appeal mediatico di Vendola e l'uso di marketing politico on-line hanno dato buoni risultati.
- al Sud: Vendola ha ottenuto un cospicuo risultato, raggiungendo anche percentuali prossime alle due cifre, grazie ad un forte radicamento dei candidati: l'ex-sindaco di Cosenza Eva Catizzone, il sindaco di Castellammare Vozza, il presidente della provincia di Napoli Di Palma, e poi la Sgrena, e un folto gruppo di intellettuali a sinistra hanno favorito la lista vendoliana che si è ingrossata con l'apporto delle sacche di socialisti che ancora vivono in comuni e amministrazioni locali.

Il dato oggettivo è dunque che la sinistra resiste al sud, aumentando le proprie preferenze e sfiorando complessivamente i due milioni di voti. Forse in Calabria le due liste avrebbero perfino raggiunto il 15%!
Soprattutto dietro a SL si muove quel gruppone di dirigenti bertinottiani (Vendola, Giordano, Migliore) che hanno fatto grande il risultato del PRC nel 2006. Al nord invece una classe dirigente più settaria, più minoritaria è stata incapace di perseguire il radicamento. La scommessa dell'Unione ha fruttatto maggiormente nel merdione dove le Regioni sono ancora in maggioranza di centrosinistra, seppur con gravi pecche e affanni; inoltre le differenze culturali hanno filtrato la deriva securitaria della Lega e della Destra, nonostante il PdL abbia conquistato un gran numero di amministrazioni locali e di voti. In questo caso forse la sinistra, nel suo insieme è stata in grado di intercettare la delusione degli elettori ex DS, pur dovendo tenere presente che il resto dei delusi dal PD hanno scelto De Magistris e Di Pietro.

L'atro dato oggettivo è il confronto con il deludente e fallimentare risultato della Sinistra unita nell'Arcobaleno, nel 2008:


Questa cartina mostra le differenza tra gli attuali risultati (SL+PRC) e quelli conseguiti dalla Sinistra Arcobaleno (PRC+PdCI+Verdi+SD) nel 2008. Le colorazioni più scure mostrano le zone dove minore è la differenza tra le attuali percentuali e quelle di un anno fa. In altre parole, il nord-est mostra una colorazione nera perchè gli attuali risultati non si discostano da quelli dell'Arcobaleno (3,4% media nazionale). Mentre al Sud si toccano incrementi del 8-9%!


In quest'ultima tabella invece notiamo le differenze rispetto alle europee 2004, quando PRC, PdCI e Verdi (considerati globalmente) raggiunsero una percentuale nazionale media del 10%.
E' vero che ancora l'onda lunga di Genova e la contestazione alla guerra in Iraq, nonchè i primi crolli del berlusconismo del secondo governo, avevano notevolmente accresciuto l'avvicinamento alla sinistra radicale di una folta e varia scheira di cittadini. Ma il dato che risalta è sempre lo stesso: una sinistra forte nelle realtà indistriali (Torino) e nelle regioni "rosse" (Emilia e Toscana).

La conclusione che possiamo trarre da queste tabelle, seppur grossolana ed elementare, è che la sinistra ha perso la capacità di parlare al mondo operaio; o forse l'offensiva mediatica degli ultimi anni dell'informazione berlusconiana, come ha mostrato un'indagine Censis, è stata in grado di 'spostare' l'elettore medio.
Più che spostare l'elettore, Berlusconi ha spostato l'agenda: qrrivismo, populismo, deriva securitaria, tv commerciale, consumismo e voyeurismo sono in testa ai pensieri degli italiani. Ogni discussione "impegnata" è noiosa. Quando parlavamo di economia sostenibile, di bilancio partecipato, di Porto Alegre, di Globalizzazione, di redistribuzione, eravamo etichettati come sognatori, sovietici o fumosi, a seconda che ci giudicassero i compagni sbiaditi del centro-sinistra, i soloni del premier o la casalinga di Voghera. Ma noi parlavamo di una crisi del capitalismo imminente... solo che ora l'intellettuale è Tremonti (il commercialista dei ricchi!), Berlusconi aiuta le casalinghe e Grillo è l'alternativa.

Forse, visti i risultati, la sinistra, oltre che pensare a frantumarsi ogni istante che passa dovrebbe invertire completamente il proprio Dna. Ma questo sarà oggetto di un altro momento di scientismo!

Visualizzazioni: 91

Commento

Devi essere membro di L'AltraSersale per aggiungere commenti!

Partecipa a L'AltraSersale

© 2024   Creato da Antonio Borelli.   Tecnologia

Segnala un problema  |  Termini del servizio