L'AltraSersale

Un nuovo modo di essere comunità. Un mondo nuovo.


Trovi altri video come questi su RifondaSersale
Se scrivessi su Rolling Stones mi dovrei preoccupare di annotare gli stili, quante corde aveva quella chitarra, se c'era l'acustica adeguata e se il cantante ha preso la stecca. Invece scrivo su questo cadavere informatico e per giunta tra l'aperitivo di pranzo e quello della cena, pertanto posso permettermi licenze e saltare a piè pari la parte recensiva.
Dunque... l'evento è la serata 'Roots', al Ramses Rock Café. Presenti circa un centinaio di borrachos e qualche decina di alcolisti di longue durée, tra cui il sottoscritto.
Dunque... dicevo... una serie di band e anche una jam session (ma qui sfioro già qualche tecnicismo!): bassi, chitarre, birre e cicchettini di grappa. Il brusio di fondo. E la consueta puzza di sigarette mista a nauseabondi intrugli miscelati.
Questi sono gli elementi classici di qualsiasi serata live, di qualsiasi bar di provincia.

Ma ieri sera si trattava della serata autocelebrativa delle 'officine sersalesi'. Ovvero quei garage polverosi in cui accordi strimpellati venivano assemblati a immagini mutuate dai poster dei Metallica, secondo quanto si riusciva a carpire da cassette registrate; in cui il pentagramma, quando c'era, si vedeva quasi sempre a sei o sette righi; in cui nacquero i primi gruppi musicali.
Orbene, è meglio chiarire che sto romanzando perchè non è che io quei giorni li abbia vissuti in diretta... piuttosto ne ho sentito parlare, conosco i personaggi delle storie, e se li mescolo a tutte le fantasie che ho in testa mi sembra di scrivere di grandi movimenti, di epoche d'oro della musica internazionale.
Potrei perciò esordire così: “Mentre Cobain ci lasciava la sua incazzatura o i Posse sputavano storie di periferie al pubblico dei centri sociali, a Sersale qualcuno scriveva note, accordi e testi, li collegava agli amplificatori e ne faceva un gran casino”. Ma poi dovrei scrivere di tante serate, di episodi, di gag... e inoltre la storia di tutti; ma mi viene più facile rimanere alle grandi narrazioni adattate a quelli che ieri sera hanno suonato.
Non stiamo parlando di rivoluzionari, ma di punk: nel senso filosofico del termine, s'intende.
I punk ci hanno insegnato che se una cosa la fanno gli altri, allora puoi farla anche tu: DO IT YOURSELF!
E non importa se sei stato in conservatorio, prendi una chitarra e suona... poi magari impari. E forse, usciti da quei garage, i Moondogs saranno sembrati ai coetanei dei loro genitori un prodotto malriuscito dell'educazione, degli scoppiati, vagabondi, o forse qualcuno avrà detto che erano solo turbolenze giovanili. Nessuno, neanche loro, immaginavano che quel modo di fare avrebbe non solo introdotto e diffuso nuove tendenze musicali, ma avrebbe spinto tanti altri all'emulazione.
E infatti ieri sera c'erano 5 band, ma altrettante si potevano ricostruire con un po' di archeologia e di nuove se ne possono creare con l'ingegneria e la fantasia. Prova tangibile: la jam session finale della serata.

Per me che sono un po' deviato dalla necessità (quasi religiosa) di trovare una ragione sociale alle cose, ai fenomeni - queste band sono la cosa più vicina ad un movimento di cultura giovanile nella storia recente di Sersale. Non sto cercando di mettere un cappello ideologico ai musicisti, anche perchè non si riscontrano particolari impegni politici. Sto cercando di raccontare, tra i fumi dell'alcool, quello che mi sembra di cogliere nelle scelte di costoro. Penso infatti che i capelli lunghi e le camicie a quadri dei Moondogs erano più simili al grounge che al perbenismo nostro locale. Penso che la scelta di un architetto di provare a diventare cantautore sia, oltre che coraggiosa, più vicina ai circoli cittadini che alle bettole sersalesi. Penso che tralasciare un esame, o magari laurearsi, mentre si sta incidendo il proprio album autoprodotto sia tipico di strade londinesi piuttosto che di vicoli calabresi. Oppure penso che il coraggio di mettersi in discussione davanti al pubblico – tra l'altro spesso avaro di consensi e prodigo di critiche – sia un atto di impegno sociale.
Si tratta di azioni che sovvertono la logica dominante del prodotto commerciale, dei vari X Factor o degli Amici di Maria (magari qualcuno di loro ci andrà a finire in TV!). In questo senso ieri sera si è dato omaggio alla cultura giovanile di Sersale.

E trovo interessante l'accostamento, nella locandina dell'evento, di 'radici' e 'officine di idee'. In un certo senso sembrerebbe autocoscienza di essere qualcosa, di rappresentare un modo di fare: arrangiarsi, provare, cazzeggiare, prendere e dare sole impressionanti al pubblico, suonare per bere, assemblare folk e metal, progressive ed elettronica, tentare la carriera. C'è anche chi si è messo a studiare ingegneria del suono, chi si è comprato il pc per campionare, chi va al Dams...
Allora non si tratta semplicemente di passione per la musica, o strimpellare per diletto. Allora la musica di Stato Puro, Nemesis, Carmine Torchia, Manuela Lupia, Doppiapresa, le chitarre dei fratelli Sacco o lo stile e la curiosità di Gianluca (giusto per citarne qualcuno) non sono solo passioni. Sono modalità d'espressione, ragion d'essere.

Anche qui dovrei approfondire... scrivere di quanto gli stili proposti assomiglino a questo o a quel genere musicale, quanto quell'abbigliamento è underground, ecc... Ma come al solito, mi perdo in queste elucubrazioni fantasiose e anche pallose. E poi rischeirei di etichettare tutto.

Dovevo scrivere di un concerto e ho cominciato a chiedermi: chi erano questi qua che hanno suonato? come hanno fatto a migliorarsi? Cosa li spinge?
Ora la domanda successiva sarebbe: e quelli che non suonano che fanno?
Bisogna trovare un modo per dare dei rami a quelle radici.
Roots to branches.

Visualizzazioni: 20

Commento

Devi essere membro di L'AltraSersale per aggiungere commenti!

Partecipa a L'AltraSersale

© 2024   Creato da Antonio Borelli.   Tecnologia

Segnala un problema  |  Termini del servizio