L'AltraSersale

Un nuovo modo di essere comunità. Un mondo nuovo.

La politica (vuota) ci sta circondando. Arrendiamoci.

In soli 15 giorni dal voto abbiamo appreso che il tasso di disoccupazione è cresciuto fino al 12% della popolazione; oltre 40.000 imprese sono portestate, e le banche non concedono più credito a nessuno, né famiglie né aziende; lo stato dovrebbe pagare oltre 70 mld di euro di forniture e contratti, ma non ha un governo; c'è gente che deve ricevere la cassintegrazione e chi protesta davanti ai cancelli della Bridgestone che chiude a Bari. C'è un disastro sociale.

Ma è chiaro che della povertà che avanza (7 milioni di persone in carne ed ossa) non ‘gli frega’ niente a nessuno.

La "novità" in politica è scemata, si è normalizzata in meno di quindici giorni: ragionamenti filosofici su questioni di microscopico principio.

Il non-statuto prevede che non si possono fare alleanze, e il leader tuona: "Rinuncia al finanziamento pubblico e votiamo la fiducia", aggiungendo in modo democratico che "se si vota la fiducia, lui e Casaleggio abbandonano il movimento". Ovviamente, l’apparato del Pd non riesce nemmeno a immaginare un partito senza finanziamenti.

Una nuova sudditanza al bel pensiero del Movimento 5 stelle si impone a rivoluzionari digitali, artisti, pensatori. Il dogma e le fatwa sono per coloro che pensano che qualcosa bisogna fare: proprio mentre un altro 1/3 del paese assedia un tribunale della Repubblica, sovvertendo di fatto la Costituzione che prevede l'eguaglianza e terzietà dei poteri dello Stato.

Cade nel vuoto ogni appello al buon senso, alla necessità di un programma e di un governo a finaco di quelle imprese, dei lavoratori, dei carcerati, dei migranti, insomma di chi paga sulla pelle la crisi. Invece, alla pari del ‘mi piace’ con faccetta sorridente,  perdiamo il tempo a dare ragione all’uno o all’altro sulla base di tasti cliccati con leggerezza.

Tutto e il contrario di tutto, i temi e i principi, le morali e gli immorali, ridotto a politica (con la p minuscola) dimenticando che le vere rivolte o ribellioni sono sempre sociali, e che solo in queste rivolte c’è il vero cambiamento.

Al contrario, quando le astuzie e le miserie si riducono a danze fluttuanti legate ad istituzioni e potentati, a sciocche e pretestuose battaglie per proseguire nella campagna elettorale (nella ricerca di quel 100% che sarebbe garanzia evangelica),  se di cambiamento si tratta è solo in termini di sostituzione di un potere ad un altro potere.

Gli operai, i precari, gli imprenditori attendono, nel frattempo, tra una disperazione e l’altra che le idee bussino alle loro porte, dimenticando che proprio nella assenza di idee nasce e si consuma la crisi della politica.

Un partito democratico le cui dimensioni elefantiache impediscono di fare una delle poche cose che mezza Italia chiede: dare un segno di cambiamento vero a partire da se stessi. Un movimento che si divide tra dogma e dogma:  buono quello del divieto delle alleanze e meno buono quello della democrazia dal basso di cui si sono perse le tracce.

In mezzo il cittadino, il centro di ogni interesse per tutti i contendenti della gazzarra. Nei fatti spettatore di una politica ridotta a slogan, parole d’ordine ripetute all’infinito come testimoni di una fede cieca, macchinosi moti assembleari d'apparato, tweet furiosi, informazione gossippara.

"Arrendetevi, siete circondati!"

In realtà, circondati sono gli italiani. Dalle ambizioni personali di vecchi e nuovi politici. Da leggi elettorali malfatte e, infine, da un eterno ritorno del tatticismo portato alla esasperazione: solitamente di chi la subisce, ma di chi la agisce.

Sono gli italiani che devono arrendersi, non altri.

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