L'AltraSersale

Un nuovo modo di essere comunità. Un mondo nuovo.

Da La_Masnada n° 106:

Era la seconda o terza volta che andavo in sezione. Una fumosa riunione su qualcosa di molto provinciale. E c’era sto tipo: capelli mossi lunghi neri, jeans neri, scarponi neri, giubbino di pelle nero. L’orecchino e un naso. Da Aquila.

Si muoveva e discuteva, instancabilmente, animatamente; una mano sul bracciolo della sedia, e la rispettiva lunga gamba piegata sotto. L’altro gomito sul ginocchio, la mano chiusa in quella classica posizione italiana che significa “ma come?” e oscillava di pari con la testa, a destra e a sinistra, oppure si rivolgeva alla testa, tutte le dita a formare un cono puntato sulla fronte, per fissare i concetti.

Credo fosse Natale ‘97, e quel tipo insisteva: “Cioè… a capitu cchi storia?!”. Mentre la sezione discuteva di tombini, lui spiegava l’esistenza di Emergency. “Nu miadicu, se fhutta de’ bombe: illu va e cura gianti! L’aju vistu a Bologna! L’avimu e ajutare: fhacimu ‘na raccolta fondi”.

I compagni meno informati – e quelli principianti come me – non sapevano nulla di Gino Strada, della sua sanità dei diritti umani. Eppure sto tipo, a Sersale, lo sapeva. Anzi proponeva alla sezione una campagna di solidarietà internazionale, tipo quelle degli anni ’60 per il Che in Bolivia! però più tangibile: aiutare Emergency a realizzare ospedali in paesi afflitti dalla guerra (imperialista del capitale contro i popoli inermi del Terzo Mondo, si intende!).

Dopo la riunione, tutti al bar: quel tipo, che i bempensanti giudicavano dall’abbigliamento, si avvicinò a me, quindicenne impacciato. “Tu cchi dici? Si d’accordu? Chissu va llà, ‘ntra a guerra, cura a tutti ed è contru l’Americani”, e cominciò a farmi un quadro dell’imperialismo capitalista mondiale, mi disse che non era solo questione di partito: no! Nelle città ci sono i centri sociali, i punk, le associazioni. “E cca a Sersale simu ancora fhermi allu partitu! però menu male ca c’è!”

Ho parlato con quel tipo agitato ma interessante mille volte. Senza istruzione ma colto, emigrante ma informato sul territorio: c’era come rabbia in lui, ma diventava impegno e cordialità, o meglio era dotato di quello che a Sersale chiamiamo ‘a coglionetta’. Me lo ricordo candidato alle comunali: lui stesso non si votò, all’estero per lavoro. Però c’era: una lista di pura presenza, senza troppe ambizioni. Mi sarebbe piaciuto sentire un suo comizio, cadenzato dal suo intercalare “Cioè… a capitu cchi storia?!”

Andava e veniva, Firenze, Bologna, l’estero. Quando tornava riportava esperienze, aveva visto qualcosa in più. Raramente parlava di lui, ma sempre di ciò che si potrebbe fare, di come farlo, dove lo aveva visto fare: senza vagheggiare la rivoluzione, ma proposte per servizi sociali, esperimenti culturali. Poi richiudeva il giubbino di pelle sulle sottili gambe, e con andatura flessuosa tornava a casa. Il giorno dopo aveva un’altra idea.

Come quando George Bush bombardava l’Afghanistan. Lui non sopportava che a Sersale non ci fosse un dibattito sull’inutilità della guerra, come avveniva dove associazioni e partiti alimentavano il movimento altermondialista. “Fhacimu nu murales!”. Passai a prenderlo a mezzanotte. “Fhacimu na bella bandiera d’a PACE, e chille chi se mintanu alli barcuni… a sai cchi storia? I gianti passanu, a vidanu e ce penzanu. E quandu penzanu, pue se rendanu contu: ssa guerra è na porcheria!”. Un 3x2 iridato ha campeggiato per un paio di anni in piazza: Tutti i popoli sono per la pace, nessun governo lo è – suggerii io al tipo col giubbino di pelle: “Me piace, e chin’è?”. “Boh… l’ho letta all’università”. “U vì, io signu operaiu, tu tiani ‘e scole… ‘nzeme se fhannu tante cose…”

Come quando, anni dopo mi disse: “a Cropani c’è na casella ccu na bandiera d’o PCI… a capitu cchi storia?!”. In un pomeriggio di nebbia, furtivamente nel fango, nel luogo dove si consumava l’oltraggio al grande Partito Comunista Italiano, salvammo il vessillo adattato a tenda per una casetta di ragazzini.

Dieci anni fa, era quasi Natale e aspettavo di incontrarlo di nuovo. Invece arrivò solo un feretro, senza più racconti di avventure urbane, resoconti di esperienze di altrove, idee e ragionamenti per un mondo migliore …

A capitu cchi storia?!” - Giacomino è tornato finalmente per restare.

Restare il ricordo di un ragazzo che ha seminato intelligenza vivida nella mente di chi lo ha conosciuto davvero, amici e compagni.

Hasta siempre, compagno Giacomino!

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