L'AltraSersale

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Approfittare delle proprie posizioni alle volte conviene. Finora nella mia bistrattata (e spesso procacciatrice di guai) attività di giornalista non mi era capitato di incontrare i cosiddetti "famosi".
Eugenio Bennato, al contrario di ciò che può sembrare sul palco, non ha interpretato il famoso: è stato disponibile all'intervista, alle foto e persino all'autografo.

Ma più che di questo lato vippettaro della faccenda vorrei riportare di quanto abbiamo chiacchierato nell'intervista. Un quarto d'ora o poco di più, tra una foto e l'altra, grande semplicità e molti contenuti. Ho evitato le solite domande celebrative del personaggio, sia per tempo sia perché le reputo banali e noiose, e ho puntato dritto al Bennato "politico".

Lei, da quarant'anni promuove la tarantella come fenomeno culturale, che cosa pensa che bisogna fare perchè la taranta divenga cultura popolare, soprattutto in questa stagione di regionalismi forzati (leghisti)?
Dal sud sta venendo una spinta. Un movimento che, a differenza degli anni '70 quando tutto era ideologizzato, punta dritto alla musica, al ballo, al fascino e al bisogno di tarantella. Si tratta di quel movimento che non vuole l'omologazione commerciale televisiva o globalizzante, che preferisce andare in giro per i luoghi e non bivaccare nei nonluoghi delle vacanze estive; quella gente che attraverso la musica cerca tradizioni, sapori... radici.
E proprio per questo - le radici - che la storiella delle bandiere e dei dialetti regionali (proposta dalla Lega Nord) non ha senso, perchè è un semplice recupero di un passato senza ragione storica, senza continuità nel futuro.
E invece, la tarantella che rapporto ha col futuro?
Innanzitutto, la tarantella ha subito un oscuramento a causa di gruppi pseudo-folk che hanno deteriorato le musiche, i contenuti e la ragion d'essere della musica popolare. La taranta, la pizzica, nascono come esigenze popolari sia per lo svago, sia per esigenze di memoria storica o di slancio politico. Perciò nel recuperare vecchi strumenti e musicisti, testi e tradizioni storiche bisogna costantemente individuarne le eredità e le contaminazioni. E infatti ripercorrendo il sentiero musicale della taranta, nel meridione d'Italia, ci siamo imbattuti in qualcosa di più radicale, nelle radici più profonde di questa musica: la sponda sud del Mediterraneo e anche l'Africa.
Un Grande Sud, per l'appunto. Ma che cos'è?
Un sud geografico, segnatamente meridionale, ma anche un sud culturale e sociale. Ci sono tanti sud nel mondo e girando per il Mediterraneo abbiamo individuato tracce comuni tra le due sponde. Per questo è necessaria la ricerca delle radici e il loro rapporto col futuro: con la taranta abbiamo scoperto qualcosa in più del nostro popolo e della nostra storia, questo qualcosa sta diventando strumento di riscoperta dei territori - e basta solo un po' di organizzazione per mettere a sistema storia, cultura, musica e paesaggio; poi nella ricerca radici più profonde sono emerse: il Mediterraneo e l'Africa sono l'origine delle nostre culture, perchè storicamente l'Italia ha vissuto del e nel Mediterraneo. E oggi, queste radici si ripropongono, sono loro a venire da noi, sui barconi di migranti.
Se l'Italia vuole raccontare se stessa al mondo deve tenere ben conto di se stessa, di ciò che è stata e di ciò che è.
Quindi le migrazioni stanno ridisegnando le nostre culture.
Non solo. Stanno facendo affiorare le nostre peculiarità, le nostre carenze e le differenze. Una ricchezza enorme sia in termini musicali che culturali in genere. Perciò la tarantella da resistenza alla omologazione globalizzante e commerciale della Tv si sta trasformando in qualcosa di rivoluzionario, nel senso che ricerca la differenza, propone un'alternativa.
Un consiglio per i giovani musicisti. (domanda posta da Maria F. Buffa)
Appunto identità ed energia. Coloro che si apprestano a fare i musicisti devono esprimere la propria identità culturale, la propia appartenenza e trasformare la loro follia creativa in un messaggio rivoluzionario. Ciò sta avvenendo qui nel Sud, ma non ce ne rendiamo conto. Ciò avviene quando ai falò in spiaggia si balla la taranta, quando i ragazzi vanno in giro coi tamburelli. Da Brigante se more parecchie canzoni popolari sono divenute inni transgenerazionali, si cantano in piazza accompagnati da una chitarrra o si ballano per liberare la rabbia e la passione.

E poi il delirio... gente a ballare forsennatamente come raramente avevo visto a Sersale. Peccato che a questo si sia arrivati con netto ritardo rispetto ad altri posti, forse per un pregiudizio ideologico da parte di chi organizza o semplicemente per ignoranza. Da Melpignano a Caulonia la taranta è ormai volano di sviluppo locale, sia economico che culturale. Noi ancora facciamo fatica a concepire l'idea di festa di piazza...

In ogni caso, una bellissima serata.

PS: le parole di Eugenio Bennato non sono riportate fedelmente per ovvie ragioni pratiche in quanto il maestro parlava velocemente e allargava notevolmente lo spazio della risposta. Sicchè ho colto solo qualche appunto che ho poi rielaborato in questo testo, rispettando tuttavia il pensiero dell'autore.

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