Goro Haram: l’ignoranza che uccide l’umanità.

[Antonio Borelli]

Da La Masnada n° 108:

Nel villaggio di Vera sono all’antica: la madre ha pensato di mettere sotto chiave la sua femminilità e quando a 14 anni il papà doveva portarla dal marabù per diventare donna, ha pensato di scappare; a Vera piacciono i gospel e prega Gesù, vuole fare la parrucchiera. Port Harcourt è occidente, con tutte quelle raffinerie. Ma ogni tanto saltano in aria: il petrolio è un affare non solo per l’Eni. Vera però si è salvata dall’autobomba, se ne va ad Abuja … la parrucchiera dove lavora è chiara: vattene sista, qui c’è Boko Haram!

Non vogliono che le donne studino, che mettano i jeans o quelle treccine colorate. Vera è con le amiche quando gli rubato l’amore: è stato orribile! Malvagi avidi e sadici tra le sue cosce, rompono perfino quel laccio con cui la mamma aveva legato la sua natura di donna. Due giorni dopo è dissanguata in un ambulatorio improvvisato, Vera si sveglia donna anche se non voleva e ascolta un medico: parti sista, parti!

Vende ortaggi nei mercati, pulisce negozi, vive per strada per pagare IL Viaggio. Prima classe: un bus lercio per Agadez, la più grande autostazione d’Africa. Dal Gambia, Senegal, Mali… una generazione intera svuota i villaggi per riempire le baracche di Agadez. Appena quindicenni lottano per un passaggio per il futuro procacciando clienti: se riempi un pickup o un camion viaggi aggràtis. Destinazione Tripoli, lavoro, dinàr… tanti dinàr, sista!

Tutti quegli uomini le guardano il culo a Vera; guardano, toccano, sista howmuch?

Mentre navigano nel deserto. 3000km di mani secche e scarpe che spuntano dalla sabbia: non ce l’hanno fatta a rimanere appese al camion: sista, dobbiamo aspettare al sole, una bottiglia d’acqua per tre giorni; ti basta, sista?

Per strade che non esistono si arriva a Sebah, palazzoni di mattoni a faccia vista, tipo Reggio Calabria. L’ultimo autista li vende a trafficanti libici che scambiano uomini per dollari e dollari per armi, come a Reggio. Quei palazzoni sono prigioni: sista, cucina! Lava il cesso! Sista, taglia i capelli a quelle bestie!

Carino quello che cerca sempre di evadere, ha preso un sacco di botte ma ha sfondato un muro e sono scappati tutti, a Tripoli. Il tipo carino dice di volerla sposare. Godwin, così si chiama, però beve. Vera fa la sguattera in uno slum tipo Secondigliano e la sera Godwin la picchia se non fa all’amore coi clienti che le procura. Vera si fa male quando lo fa ed è incinta: sista, tuo figlio è un bastardo!

Se quelli dell’Isis non si rubano tutti i risparmi, Lei e Blessing – quella benedizione del suo bimbo – saliranno su una barca, perché come dicono tutti al di là del big river c’è l’Italia. Lì, sista, è l’amerika: scarpe, wifi, e 35euro al giorno!

Terribile il big river: tre giorni, tutti ammassati. Grazie al suo bimbo Vera è stata al vento, altrimenti giù, dove il mare si mescola alla benzina e l’aria puzza di piscio e di cadavere. Ma finalmente - God bless you, Italia! - Vera sbarca a Crotone. Il medico visita suo figlio: figghjicé, sta bonu!

Vera non capisce quell’idioma indigeno, sembra Igbo… ma, finalmente qualcuno si occupa di lei. Un’interprete le dice che se ha subito violenze, torture o violazioni dei diritti umani può chiedere protezione al governo italiano, ma nel frattempo deve andare a vivere in una comunità per profughi. È fortunata andrà al nord: sista, lì ci sono un sacco di centri estetici e puoi trovare lavoro!

Vera vuole imparare l’italiano per lavorare. Dal finestrino del bus si vede un nebbioso paesino, sarà la sua nuova casa. No, forse no. Stanno fermi sui pallet e urlano come fondamentalisti. Fanno barricate e minacciano queste quattro donne manco fossero invasori. Arriva la polizia, qui c’è la democrazia. Anche loro non la lasciano passare. Se solo potesse raccontare di sicuro la farebbero scendere. E invece niente, non capiscono: Vattene, sista! Qui c’è Goro Haram.