L'AltraSersale

Un nuovo modo di essere comunità. Un mondo nuovo.

DOCUMENTO POLITICO

PER IL CONGRESSO DELLA

Federazione della Sinistra


1) LA NECESSITA' DELLA SINISTRA

Il capitalismo non è in grado di garantire lo sviluppo sociale e civile e l’equilibrio ambientale del pianeta. La crisi non ha cause episodiche: essa è conseguenza del capitalismo senza limiti e senza regole.

Compito della sinistra è indicare un’alternativa economica e sociale al capitalismo. Un’alternativa per la liberazione del lavoro, l’effettiva autonomia delle donne, il riequilibrio ambientale, il sapere come fondamentale diritto democratico, la liberazione e la libertà di tutti e di ciascuno, il governo democratico dei processi economici e sociali. Uscire da sinistra dalla crisi vuol dire prospettare un’alternativa di sistema: “Il socialismo del XXI secolo”.

Per questo l’alternativa si fonda anzitutto sulla centralità del lavoro: per un sistema economico, una società, un’etica pubblica fondata sul valore sociale del lavoro, sulla dignità e sui diritti di tutte e di tutti.

Alternativa di sistema vuol dire un’economia sostenibile, sovranità alimentare, l’ambiente e le risorse naturali (l’acqua, l’aria, il paesaggio) come beni comuni sottratti al mercato, uno sviluppo durevole alternativo alla crescita orientata sul profitto.

La valorizzazione del pensiero e della pratica femministe, contro ogni forma di patriarcato e per rendere effettiva la autodeterminazione delle donne.

I diritti sociali e civili come universali diritti di cittadinanza.

La tutela dei migranti, sottoposti a inaudite sopraffazioni, e l’impegno contro il razzismo, la xenofobia e ogni forma di neofascismo.

Politiche per la piena e buona occupazione che riunifichino, intorno al diritto al lavoro, lavoratrici e lavoratori dipendenti, precari, disoccupati.

Politiche pubbliche per orientare l’economia a fini sociali e per redistribuire le risorse a vantaggio del lavoro e dei ceti popolari.

Il diritto all’istruzione, al sapere, alla conoscenza, garantito dalla scuola e dall’università pubbliche e gratuite.

Invece, l'obiettivo delle destre è dichiarato: colpire al cuore il modello sociale europeo, nella parte sopravvissuta agli attacchi del liberismo. Disoccupazione, precarizzazione, compressione dei diritti e dei redditi delle lavoratrici e dei lavoratori, riduzione delle prestazioni sociali: questa è la ricetta. Ciò che si vorrebbe imporre ai lavoratori di Pomigliano è emblematico di un orientamento complessivo.

In Italia la manovra del governo peggiora una situazione già pesante. Lo sconsiderato
ottimismo del governo Berlusconi, che aveva negato la crisi italiana lasciando che si aggravasse senza fare nulla, è smentito dai dati. Secondo l’Istat, “considerando il biennio 2008-2009 la caduta del livello del reddito ha raggiunto il 6,3%, il risultato peggiore tra quello delle grandi economie avanzate”. Gli occupati sono diminuiti di oltre 500.000, e oltre un milione e mezzo di lavoratori sono in cassa integrazione.

Si aggravano le ingiustizie sociali. L’80% del gettito fiscale complessivo viene dal lavoro dipendente e dai pensionati. Solo lo 0,8% dei contribuenti dichiara più di 100.000 euro l’anno. Il 51% delle società di capitali ha dichiarato una imposta sul reddito negativa o nulla. Secondo i dati della Banca d’Italia le imposte evase superano i 125 miliardi. Basterebbe un quarto di questa cifra perché il rapporto fra debito e PIL divenisse tra i più bassi dell’Unione Europea.

In questa situazione la manovra del governo colpisce, secondo un’aberrante logica classista, chi già sta peggio: si riducono le retribuzioni dei dipendenti pubblici, si aumenta l’età pensionabile, in modo particolarmente pesante per le donne, e attraverso i tagli alle regioni e agli enti locali si pongono le premesse per pesanti riduzioni delle prestazioni sociali e dei servizi pubblici, oppure per un aumento dell’imposizione fiscale a carico delle famiglie.

Nessuna misura è stata presa per tassare la speculazione finanziaria, e per chiedere un contributo ai più ricchi: Berlusconi, Marchionne, i proprietari della Fiat, e tutti coloro che si trovano nella stessa condizione non metteranno nemmeno un centesimo di “sacrificio”.


Chi condivide questa analisi e questi obiettivi ha il dovere di unirsi e battersi per un’alternativa di società. Solo con l’unità è possibile reagire al concreto rischio della scomparsa in Italia di una Sinistra degna di questo nome.

Per questo Prc, Pdci, Socialismo 2000 e Lavoro-Solidarietà hanno deciso dar vita a un nuovo soggetto politico, la Federazione della Sinistra, e di invitare a partecipare altri soggetti politici, movimenti, associazioni, cittadine e cittadini che condividono l’impianto di questo progetto.

Indichiamo come nostri riferimenti ideali e storici i momenti più alti della storia del movimento operaio italiano, comunista e socialista, l’antifascismo, i movimenti pacifista, ambientalista, altermondialista, femminista e dei diritti civili.

Ci uniamo per invertire la tendenza alla divisione e alla frammentazione; per dare senso e credibilità alla prospettiva del cambiamento.

La Federazione della Sinistra si propone di costruire, nel tempo e con tenacia, la più ampia unità di tutte le forze politiche, delle organizzazioni sociali e culturali, locali e nazionali, e di tutte le persone che si riconoscono nella critica dell’attuale sistema economico e sociale e nell’obiettivo del superamento del capitalismo e del patriarcato.

L’unità è necessaria per dare credibilità alla costruzione del Socialismo del XXI secolo.

L’unità è indispensabile per l’uscita a sinistra dalla crisi capitalistica.

L’unità è utile perché identità, culture politiche e pratiche sociali diverse convivano e concorrano alla costruzione di un programma comune e ad assicurare la rappresentanza nelle istituzioni del mondo del lavoro, delle lotte sociali, del progetto di alternativa di società.

L’unità è solida se è capace, nei fatti, di non ripetere i seri errori politici e la tendenza alle scissioni che hanno provocato la più grave crisi della sinistra nella storia italiana.

All’unità non c’è alternativa. Le diverse organizzazioni della sinistra si troverebbero altrimenti a competere fra loro, in una lotta fratricida dalla quale niente di utile può venire alle classi popolari e ai movimenti di lotta.



La Federazione è un nuovo soggetto politico, unitario e plurale. Non un partito unico non una sommatoria di partiti comunisti. E’ un progetto ambizioso e originale che punta a valorizzare e a trasformare in iniziativa politica, conflitto sociale, prassi quotidiana, il patrimonio comune alle differenti soggettività.

L’inizio di un processo che ha l’ambizione di costruire un polo politico e sociale della sinistra di alternativa dotato della forza e del consenso necessari per affrontare i grandi compiti che sono davanti a noi, per pesare e incidere nella realtà italiana.

In molti paesi europei la sinistra di alternativa ha saputo acquisire un consenso e un ruolo politico e sociale di grande rilievo. Un intero continente, l’America Latina, ha espresso una straordinaria volontà e capacità di cambiamento.

E’ possibile quindi costruire le condizioni del cambiamento.

A tal fine sono indispensabili, insieme, chiarezza negli obiettivi e volontà unitaria.

Per questo la Federazione della Sinistra sarà sempre aperta. Invitiamo tutti i soggetti politici e sociali, tutte le persone che ne condividono l’ispirazione a farne parte, contribuendo a costruire e ad arricchire il programma e l’iniziativa politica, sociale e culturale.

La Federazione della Sinistra decide di presentarsi unitariamente, come soggetto politico, con il proprio simbolo, alle elezioni a tutti i livelli, sulla base della ispirazione e del programma condivisi, e di assumere democraticamente, e in modo vincolante per tutte e per tutti, le decisioni relative alla partecipazione elettorale e le regole per la vita delle proprie rappresentanze istituzionali.



Il degrado della democrazia non è un fenomeno solo italiano; è un processo in atto in tutto l’Occidente, è il portato del capitalismo neoliberista e della globalizzazione senza regole.

Questa “post democrazia”, che porta a “governi e legittimazione popolare passiva”, trova in Italia la sua versione più regressiva. La degenerazione oligarchica della democrazia si esprime, nel berlusconismo, attraverso l’ideologia del premier “eletto dal popolo”, che vede nelle istituzioni democratiche l’ostacolo alle decisioni o il nemico da combattere, si tratti del Parlamento o del Capo dello Stato, della Corte Costituzionale o della magistratura.

Si vuole colpire il fondamento stesso della Prima parte della Carta: l’equilibrio tra libertà di impresa, utilità sociale e diritti dei lavoratori.

Lo stravolgimento dell’articolo 41, l’attacco al diritto di sciopero, la violazione del principio di progressività dell’imposizione fiscale, l’arbitro invece del giudice per decidere dei rapporti di lavoro, le ricorrenti aggressioni all’articolo 18 dello Statuto fanno parte dello stesso progetto: si vuole una Costituzione disegnata a misura del mercato e del profitto, non del lavoro, dei diritti della persona, dell’eguaglianza. E’ necessaria quindi la più ampia unità democratica per contrastare questa offensiva.

L’attacco convergente all’unità nazionale e alla Resistenza, il momento più alto della storia italiana, rappresenta la becera espressione ideologica dell’aggressione ai principi fondativi dell’Italia democratica.

Il bipolarismo forzato, prodotto dalle leggi elettorali maggioritarie, si è rivelato lo strumento delle oligarchie per ostacolare la partecipazione democratica ed escludere dalla vita istituzionale ogni prospettiva di reale cambiamento.

La battaglia culturale e politica contro il bipolarismo e per nuove regole elettorali basate sul principio proporzionalistico è una battaglia in nome dei milioni di cittadini oggi senza rappresentanza.


Porre alla base della nostra proposta la centralità del lavoro vuol dire schierarsi dalla parte delle lavoratrici e dei lavoratori nel conflitto con la proprietà; assumere il tema della rappresentanza politica delle lavoratrici e dei lavoratori e impegnarsi quindi per radicare la federazione nei luoghi di lavoro; indicare politiche per la piena e buona occupazione e per la ricomposizione del mondo del lavoro, contro la frammentazione perseguita negli ultimi anni per dividerlo e indebolirlo.

In questo quadro la Federazione considera la questione meridionale una grande questione nazionale. Non è tollerabile che una larga parte del Paese sia abbandonata al degrado sociale, al prepotere della criminalità organizzata, a pratiche politiche affaristiche e clientelari. Affrontare in modo determinato e innovativo la questione meridionale significa affermare i principi dell’unità nazionale, della democrazia, dell’intervento pubblico nell’economia e invertire quindi le tendenze involutive dell’ultima fase.

A tal fine occorre far leva sia sulle risorse umane, culturali e ambientali del Sud, sia su politiche perequative nazionali, prevedendo in particolare che il polo pubblico del credito, da noi proposto, assuma come compito istituzionale l’investimento nel Mezzogiorno. Condizione indispensabile per il riscatto del Sud è il rinnovamento della pratica politica e il ricambio dei gruppi dirigenti.


Il rapporto di potere sociale, economico e simbolico tra i sessi, a quarant’anni dalla rivoluzione femminista, permane fortemente squilibrato. Per restare solo in ambito europeo, l’Italia è il Paese in cui la questione femminile si pone con maggiore emergenza.

Le donne sono oggetto di violenza maschile, in famiglia e nella società. Viene ostacolato, quando non negato, il diritto fondamentale delle donne alla libera scelta sul proprio corpo: aborto, contraccezione, RU486, maternità consapevole, accesso alle tecniche di procreazione assistita, non sono riconosciuti come diritto della persona. Lo Stato, anche attraverso l’ospedalizzazione forzosa, interviene direttamente nelle scelte e nelle decisioni delle donne.


La crisi ambientale, che mette a rischio la sopravvivenza stessa del pianeta, è la conseguenza, come la crisi economica, delle contraddizioni strutturali del capitalismo, che in nome del profitto assoggetta la natura ad uno sfruttamento indiscriminato.

Per noi è centrale l’idea che le risorse naturali sono beni comuni. Il movimento referendario contro la privatizzazione dell’acqua, da noi sostenuto, esprime una nuova soggettività, che vede nell’acqua il simbolo forte di un legame stretto e imprescindibile fra risorse e comunità.


Il sapere, la conoscenza, l’istruzione sono un fondamentale diritto democratico. La cultura è un patrimonio universale, prodotto nel corso della storia dell’umanità. La ricerca scientifica non può essere subordinata alla logica del capitale.

Per questo va contrastata con determinazione la tendenza alla privatizzazione del sapere. Il pesante attacco alla scuola pubblica, all’università pubblica e alla cultura in atto da parte del governo Berlusconi si fonda su una logica classista che va denunciata ad alta voce.
L’obiettivo è di realizzare due canali formativi: una scuola pubblica dequalificata con insegnanti malpagati e demotivati, per i ceti popolari; una scuola privata per ricchi e benestanti, che perpetui le gerarchie sociali esistenti.


All’attacco alla democrazia, ai diritti del lavoro, allo stato sociale in corso in Italia si accompagna un attacco ai diritti civili e al principio della laicità dello Stato senza paragoni in Europa. Il principio della laicità dello stato non costituisce per noi ragione di un conflitto tra credenti e non credenti. Il dialogo chiede la costruzione di un comune convincimento secondo il quale nessuno può imporre un punto di vista culturale, ideale o religioso con pretesa di assolutezza. Il pluralismo, se ancorato ai valori sanciti dalla Costituzione, non è nichilismo, ma confronto tra ragioni diverse, nessuna delle quali può avere la pretesa di prevalere sulle altre. In una democrazia, e all’interno del quadro costituzionale, il pluralismo è un valore che richiede un dibattito pubblico aperto.


L’impegno per la pace, contro la guerra e ogni forma di imperialismo e neocolonialismo, per il disarmo è un valore fondante della Federazione della Sinistra.

Siamo per il ritiro unilaterale del contingente italiano in Afghanistan e per la costruzione in quel paese di una alternativa politica, sotto il controllo dell’ONU, per passare dall’impegno militare a un impegno politico e civile a fianco delle popolazioni vittime dell’oppressione e della guerra.


Proponiamo una rifondazione democratica e sociale dell’Unione europea, su basi opposte a quelle monetariste e liberiste, che hanno avuto e continuano ad avere nella grande coalizione formata da socialisti, popolari e liberali europei la base di consenso politico che è all’origine del ventennio neoliberista.


  1. IL CASO ITALIANO: UNA DESTRA EVERSIVA


Il centro destra italiano presenta il volto peggiore e più inquietante, senza paragoni in Europa, delle tendenze regressive del capitalismo contemporaneo.

L’attacco alla Costituzione, la delegittimazione di ogni soggetto costituzionale che non sia il capo del governo (dal Parlamento alla Corte Costituzionale, dalla Magistratura fino alla stessa Presidenza della Repubblica), il disprezzo per la legalità, la tolleranza per la corruzione colpiscono al cuore i principi e la logica stessa della democrazia.
Questi attacchi stanno incidendo sul senso comune degli italiani, creando consenso intorno a una concezione e a una prassi plebiscitarie e autoritarie della democrazia. La presenza nel governo di esponenti indagati per collusione con la criminalità organizzata dimostra che
non si vuole colpire a fondo il sistema mafioso, che ha la sua forza proprio nel rapporto con il potere politico e finanziario. Il risultato drammatico è che la mafia continua a esercitare il suo potere in vaste aree del Mezzogiorno, con una sospensione di fatto dello Stato di diritto e della stessa democrazia.

Il controllo del sistema radiotelevisivo mina il diritto dei cittadini ad una informazione pluralista. Parallelamente prosegue l’attacco allo stato sociale, ai diritti dei lavoratori e ai più elementari criteri di giustizia sociale, come risulta dai contenuti della manovra finanziaria. La
volontà di mettere mano all’art. 41 della Costituzione rappresenta il vero e proprio manifesto della volontà di colpire la sostanza stessa della Prima parte della Carta fondamentale.

C’è un rischio grave per la democrazia del nostro Paese, che può persino richiamare per alcuni aspetti il ricordo del fascismo, sconfitto dalla lotta di Resistenza e dalla conquista della
Costituzione repubblicana.

Il berlusconismo trova il suo terreno di coltura e il suo referente sociale nel capitalismo italiano, che a sua volta si è rivelato nell’ultimo ventennio uno dei più regressivi a livello internazionale, avendo puntato, invece che su investimenti in innovazione e ricerca, sulla compressione dei salari, dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori e sull’evasione fiscale.

Di fronte a questa involuzione autoritaria, che ripropone il sovversivismo delle classi dominanti italiane, è necessario lanciare l’allarme e invitare all’unità tutte le forze politiche, sociali e culturali, per realizzare un largo fronte di opposizione.

Va condotta una battaglia culturale, per costruire un nuovo senso comune, che contrasti il revisionismo dilagante e i processi di passivizzazione portati avanti attraverso il sistema massmediatico.


  1. LA CRISI DELLA SINISTRA


A determinare l’emergenza democratica e sociale dell’Italia hanno concorso le scelte della sinistra italiana nell’ultima fase: il paese europeo che aveva la sinistra più forte, rischia ora l’assenza di una sinistra degna di questo nome. E’ la necessità di reagire a questa situazione la ragione prima della nascita della Federazione della Sinistra.

Nel corso degli anni ’90 gran parte dei partiti socialisti e socialdemocratici hanno accettato la logica del capitalismo e hanno sposato e spesso attuato dal governo le politiche neoliberiste. Hanno così scelto di competere al centro, e di privilegiare gli interessi imprenditoriali, rinunciando al compito di rappresentare gli interessi dei ceti popolari.

Quanto alle forze politiche a sinistra del PD, pesano gli errori commessi negli ultimi dieci anni. Una grande stagione di mobilitazione su temi propri della sinistra aveva caratterizzato l’inizio del decennio: il movimento altermondialista e quello per la pace, la battaglia condotta dalla Cgil sull’art. 18 dello Statuto e quella dei “girotondi” a difesa della legalità democratica. Furono movimenti che coinvolsero diversi milioni di italiane e di italiani, e videro un’opinione pubblica largamente favorevole. Ma se i partiti dell’Ulivo agirono più o meno apertamente per non dare seguito a questi movimenti, che non rispondevano al loro orientamento politico e sociale moderato, le forze della sinistra operarono alla fine, in vista delle elezioni politiche del 2006, una riduzione istituzionalista, accettando in pieno il quadro bipolare, nell’illusione che bastasse condividere un programma di governo per sciogliere i nodi politici e le differenze di impianto con gli altri partiti della coalizione.


La crisi di governo fu aperta a destra, ma le responsabilità furono accollate alla sinistra. Quando questa poi si presentò alle elezioni con un cartello elettorale con un simbolo e nome del tutto inediti, che cancellavano anche graficamente le identità e la storia delle forze che la componevano, milioni di elettori le tolsero il consenso, in parte astenendosi, in parte attratti dall’illusoria sirena del voto utile.

Nella fase successiva, prevalse la triste logica della scissione e della divisione a sinistra. Le elezioni europee e poi quelle regionali e amministrative hanno dimostrato che esiste un consenso, tra le varie formazioni della sinistra, che supera i 2 milioni di elettori e il 6% dei voti. Ma la divisione ha impedito a questo consenso di eleggere propri rappresentanti nel parlamento europeo e in molti consigli regionali e locali.

La diversità tra la nostra piattaforma e il nostro progetto politico rispetto a quello di Sel non va negata e nemmeno sottovalutata. In particolare, riteniamo che la sinistra debba costituire un polo autonomo, e non una componente del centrosinistra, interna alla logica del bipolarismo. E non condividiamo una visione e una prassi lideristica e plebiscitaria della politica. Tuttavia ciò non può e non deve impedire una unità di azione a sinistra, possibile per battaglie su temi condivisi (come dimostrato dal comune giudizio sulla manovra
e su Pomigliano), e per affrontare in modo convergente le prossime elezioni amministrative.

Il nostro invito unitario si rivolge a tutti i soggetti politici (come Sel, Sinistra Critica, Pcl, Rete dei Comunisti) e sociali, che condividono la necessità di un cambiamento profondo della società e del rilancio della democrazia.

Naturalmente il recupero del consenso elettorale, necessario perché la sinistra disponga della “massa critica” per contare, incidere, essere credibile davanti ai lavoratori e al Paese, non può limitarsi all’unità tra le forze politiche della sinistra. L’astensionismo crescente, movimenti come quello “Cinque stelle”, che contestano il sistema politico nel suo insieme, ma sono attraversati da temi di sinistra, la rete dei comitati e delle associazioni presenti nel paese, luoghi del conflitto sociale, e soprattutto gli operai, le lavoratrici e i lavoratori colpiti dalla crisi: è qui uno straordinario terreno di impegno, certamente difficile da praticare, ma indispensabile per ridare alla sinistra italiana la forza e il peso che nella storia del nostro Paese sono sempre stati decisivi per consentire l’avanzamento della democrazia e dei diritti.

Cambiare questo stato di cose richiede l’impegno, anzitutto a sinistra, per ridare significato ideale alla politica, per rendere attrattiva la militanza nei partiti. Senza partecipazione democratica, senza una forte tensione ideale, i partiti si riducono a strumenti nelle mani di poche persone e la militanza si trasforma spesso in carrierismo.

Nell’impegno per il rinnovamento della politica, dobbiamo partire anzitutto da noi stessi. Non possiamo pensare di essere immuni dai fenomeni degenerativi. E’ serio il rischio che anche la sinistra sia avvertita come “interna” a un sistema politico corrotto e separato dai bisogni sociali, e per questo completamente contraddittorio con i nostri principi, valori e programmi. La Federazione si darà pertanto regole di comportamento per candidate e candidati, elette ed eletti, e dirigenti politici, per il rispetto rigoroso non solo della legge, ma anche dei principi di etica pubblica e di sobrietà dei comportamenti, che costituivano in passato un grande patrimonio di credibilità per la sinistra italiana.

La battaglia per il rinnovamento della politica è un dovere innanzitutto verso le nuove generazioni. Il messaggio che lanciamo è di non rassegnarsi a un futuro senza speranza.

Per questo serve una sinistra unita e rinnovata anzitutto nel modo di praticare la politica; una sinistra che sappia svolgere i compiti di mobilitazione sociale, di radicamento nei luoghi di lavoro, di rapporto costruttivo e rispettoso con le tante associazioni e movimenti che operano per un’Italia diversa, a cominciare da quelle che si battono con coraggio contro la mafia, contro il razzismo, contro il neofascismo comunque mascherato. E una sinistra aperta e accogliente anzitutto per i giovani, una sinistra che sappia connettersi con le nuove forme di conflitto, ascoltare i nuovi movimenti giovanili.

La Federazione assume il compito di trasmettere alle nuove generazioni gli ideali, la speranza e la lotta per un futuro diverso, che hanno caratterizzato la sinistra italiana nel ‘900, e capace al contempo di leggere le nuove forme del conflitto. Una sinistra che insieme ai giovani costruisca gli strumenti di emancipazione individuale e collettiva e metta in campo una nuova generazione di militanti e dirigenti politici.



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Commento da Franco Lia su 2 Ottobre 2010 a 21:06
Siamo destinati a evolvere verso un sistema di governo mondiale nel quale il valore di referimento principale non sarà piu una o diverse valute. Quest'alternativa verrà evidenziata dopo varie catastrofe di nature diverse come per es.: di origine ambientali, sociali dovute ad quest'ultima crisi dello sistema finanziario con intreccio di influenza mafiosa tramite l'intrusione nell'economia globale di ingenti capitali d'origine criminale e infine di guerre di religione. I no-global sono la nuova base della sinistra intelletuale e cosciente dei problemi mondiali. Ho sempre pensato da uomo libero che un giorno mi verrebbe chiesto di prendere una partecipazione attiva alla revoluzione mondiale che si pre-annuncia. Non posso rifiatare il Vs. invito ad parteciparci. Viva la Libertà e il socialismo. Franco Lia ex-militante di Autogestione delle Aziende di Wallonia.

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