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C'era una volta l'amore ma ho dovuto ammazzarlo

"C'era una volta l'amore ma ho dovuto ammazzarlo (musica dei Sex Pistols e dei Nirvana)" di Efraim Medina Reyes, Feltrinelli (2008), pp. 173:

Un romanzo disordinato, eclettico, rabbioso come è riportato nella quarta di copertina. Rep vive a cavallo tra Città Immobile (Cartagena) e Bogotà (e ciò mi ricorda da vicino la metropoli e il paesello), come un antieroe cresciuto per
strada, forgiato dalle difficoltà della vita, ma vulnerabile se si parla d'amore da quando una ragazza lo ha lasciato. In perenne fuga dall'apatia di Cartagena, sogna di essere un newyorkese a Bogotà. E come i newyorkesi sogna di essere uno scrittore, un regista. Vuole un'altra vita, non importa quale, almeno per dimenticare "una certa ragazza" che lo ha lasciato.
La sua vita quotidiana sembra ricalcare i testi dei Nirvana. Come Kurt Cobain, si sente intrappolato, al contrario della rockstar di Seattle, non dal successo ma da qualcosa che ha a che fare con il vivere in prima linea, una vita deliberatamente caotica, incerta, irta di fallimenti, cadute e tentativi di ripresa.
Il suo amore fallito con "una certa ragazza" evoca invece la tormentata love story di Sid Vicious e Nancy (nella quale Sid ama a tal punto Nancy da farsi del male, godendo nel vederla soffrire fino al gesto estremo di desiderare (e attuare) la sua morte). Perciò il protagonista scappa per inconcludenti soggiorni nella metropoli (Bogotà), le pagine scorrono veloci fra una sbronza e l'altra, insieme agli strani personaggi che si lasciano coinvolgere in imprese assurde, come la stesura di una sceneggiatura e la realizzazione del relativo film. O l'immaginaria intervista concessa da un ormai famoso regista Rep ad una giovane giornalista che cade nelle lenzuola, folgorata dal carisma appagato, dell'intellettuale eclettico. Rep infatti ha una disperata vitalità che ha bisogno di sfogarsi in avventure erotiche, nell'amicizia spassionata degli altri personaggi, nell'ira sotterranea contro un sistema che non va.

Ma la storia di Rep non è senza sbocchi, non è quella di Kurt Cobain. In diversi passaggi Medina Reyes prende in giro il realismo magico sudamericano - alla Garcìa Marquéz, per intenderci - quando racconta che le pene d’amore del protagonista avrebbero infatti a che fare con una carota surgelata carica di malefici… E' piuttosto un romanzo con una colonna sonora, suggerita capitolo per capitolo: il punk e il grunge camminano a braccetto con i sogni, le illusioni e le inevitabili sconfitte di Rep, degno rappresentante di questa generazione che ha fatto della precarietà il marchio indelebile della propria esistenza.

Ma, come ha precisato lo stesso Medina Reyes: "Rep non vuole autodistruggersi, almeno non nel senso tragico, letterale ed esistenziale delle rock star che ammira: si limita a trasformare in cinismo e ironia ciò che si suppone debba essere serio e doloroso. L'umorismo è il suo antidoto, la sua unica via d'uscita".

Per questa ragione, dopo averlo letto, ho appuntato qualche perla di sano e puro cinismo che sovrasta i taglienti lamenti di Cobain o l'eccessiva "passione" di Sid Vicious. Frasi che ci si può sparare sul proprio wall di Facebook senza l'obbligo di ricorrere ad altisonanti autori, perchè esse sono così ciniche da apparire comuni, di tutti:

L'amore non è una fregatura. L'amore è un limite e ci misura.

La filosofia indaga l'esistenza ma non ci aiuta a esistere. La religione ci insegna a disprezzarci. L'arte è un buon alibi ma lontano da casa diventa inutile. Non c'è niente di meglio da fare che starsene sdraiati a guardare il soffitto.


Hai mai pensato di entrare in politica? - Lo faccio ogni mattina e poi cerco di pulirmi il meglio possibile.

E' questo che mi distingue dal resto dell'umanità: gli altri mangiano merda tutto il tempo come se fosse caviale così quando hanno nel piatto del vero caviale non se ne accorgono. Accorgersi delle differenze è ciò che mi rende superiore.

Pochi sono in grado di comprendere semplici equazioni. Essendo la parola un elemento quotidiano ci appare accessibile. E questo è un errore, la parola è più ermetica della fisica moderna, la parola è una trappola mortale.

Quello che devi fare è dire esattamente quello che si aspettano che tu dica se vuoi piacere e dire il contrario se vuoi dare fuoco alle polveri. [...] Puoi anche dire cose ambigue o tacere per anni. Ci sono tanti modi di diventare un mito o una celebrità.

Conduciamo una vita semplice, sono solo due movimenti: guardare il soffitto e stare al bar.

A volte ci sono delle donne. le donne sono fantastiche per un po'. Quando sono innamorato di una donna cerco di vederla il meno possibile, non mi innamoro facilmente così quando succede faccio in modo che duri.

Vorrei amare ancora, dare il meglio di me ad una ragazza. Il problema è che non so cosa sia il meglio di me, non sono sicuro che ci sia un meglio di me.

Un uomo non deve mai uccidere il reale ma l'astratto. Deve uccidere i brutti sogni e un amore assassino che lo fa stare da schifo. Ammazzare un uomo perchè la tua donna se n'è andata con lui fa di te un cazzone. Una passerina morbida e pelosa non giustifica un cadavere. L'amore è personale, è di pertinenza di chi lo prova. E' bello stare con colei che amiamo ma questo non significa che lei senta il nostro amore, significa forse che ci ama. Uno sente caldo, stanchezza, sonno. UNO. Nessuno sente il clado, il sonno o la stanchezza di un altro. Due non saranno mai uno: sono solo storie per vendere biglietti d'auguri a San Valentino.

Bogotà è stata il mio sogno americano ma ritorno sempre a Città Immobile. [...] Quando avevo solo Città Immobile ero roso dall'inquietudine e sono arrivato ad odiare con tutte le mie forze le fottute mura e i balconi di merda. Venire a Bogotà ha cambiato la mia prospettiva e ho cominciato a provare per Città Immobile quell'affetto, [...] è diventata la mia illusione di fine anno, un luogo di passaggio. Potevo andarci, godermela per un po' e poi filarmela. Proprio come una puttana e Città Immobile è esattamente questo. Quando non sei nessuno nè vuoi esserlo Bogotà è il posto giusto. Neppure a Città Immobile sono nessuno ma c'è troppa gente che lo sa. [...] A Città Immobile la gente tende a essere chiacchierona ed eccessiva ma si vanta di essere, a differenza degli abitanti dell'interno, aperta e franca. Credo che confondano il vociare e il parlare senza dir niente con la sincerità. [...] Mi piace Bogotà ma sono nato a Città Immobile e questo conta. [...] Non penserò mai di essere definitivamente a Bogotà nè tornerò a Città Immobile per restare. L'una e l'altra sono una cosa sola in me e finchè potrò andare avanti e indietro avrò un alibi.
(e su queste riflessioni trovo molte coincidenze tra il Paese Immobile e la mia Bogotà)

Mi sono dimostrato più efficace della vita, ho fatto di una certa ragazza un altro ostacolo in cui inciampare, un altro salto nel vuoto e il dolore più acuto e persistente di tutti.

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