Un nuovo modo di essere comunità. Un mondo nuovo.
Dopo 20 anni dall’apparizione del più grande movimento di critica al capitalismo non possiamo che dire: eravamo lì e avevamo ragione!
Il Movimento NoGlobal non avanzava richieste individuali – la libertà sessuale o di espressione come il ’68 – ma è stato il primo a portare avanti istanze collettive e globali.
Fermare finanza, guerra, e sfruttamento del pianeta erano le lotte di centinaia di movimenti locali: dai movimenti per l’acqua ai boy scout, dal pacifismo ai diritti dei lavoratori in Asia, dall’emancipazione delle donne alla difesa dell’Amazzonia o dell’Africa depredate dalle multinazionali. Battaglie unite e rappresentate da centinaia di migliaia di persone nelle strade di Genova.
Tutti ricordiamo Genova per la Diaz e Bolzaneto, “la più grande sospensione della democrazia dal secondo conflitto mondiale” (Amnesty International); tutti sappiamo che Fini, Scajola e De Gennaro furono i mandanti politici della violenza della polizia; tutti abbiamo capito che per fermare quel movimento è stato necessario riorganizzare il mondo attraverso la destabilizzazione della guerra permanente e del terrorismo (prodotto e finanziato dalle potenze occidentali). Ma anche se quel movimento “ha perso”, esso ha messo a nudo il potere e il capitalismo, rivelandone la natura repressiva e predatoria.
Dopo 20 anni, esercitare il ricordo non basta: sarebbe nostalgia di qualcosa che non è stato. Abbiamo il dovere di riconnettere quelle istanze al mondo attuale, per ricominciare a chiamare le cose col proprio nome: il profitto capitalista genera la crisi climatica, economica e sanitaria del mondo di oggi: è lo sfruttamento del pianeta, dei lavoratori e della vita.
Oggi assistiamo ancora a “rivolte” come i jilet jaunes o agli scioperi climatici di Greta Thumberg, a proteste come #blacklivesmatter o ai #pridelgbt, ma questi movimenti non hanno rappresentanza politica e vengono anestetizzati dalla comunicazione massiva. In questo mondo le guerre continuano a essere chiamate missioni di pace, le foreste lasciano il posto al vegan food, la salute da diritto diventa merce, i saperi diventano app commerciali, il lavoro è smart ma mentre torna la schiavitù, ecc. Il cambiamento non c’è perché non esiste più alcuna critica al capitalismo e al potere.
La critica è stata fagocitata dal consumismo e la politica ha rinunciato a organizzare il conflitto. Non si discute più del paese che vorremmo, dei servizi di cui abbiamo bisogno, del pianeta che dobbiamo lasciare ai nostri figli: diciamo che non va bene ma non ci chiediamo più il perché. In questo modo non sappiamo più distinguere tra vittime e carnefici nelle ingiustizie. Perciò percepiamo la politica come inutile esercizio di sondaggi e alchimie elettorali.
Noi che a Genova ci siamo stati vogliamo riprendere a parlare di beni comuni e nuove forme di gestione, di saperi nuovi per cercare soluzioni diverse ai problemi, vogliamo liberare il lavoro dallo sfruttamento per dare dignità alla gente, garantire rispetto a tutti per permettere la partecipazione alla vita pubblica. Il Movimento NoGlobal aveva la forza di fare critica per proporre un’alternativa.
Anche nel nostro piccolo, dobbiamo avere il coraggio di inventare una nuova narrativa, raccontare un nuovo modo di vivere e praticare nuove forme di convivenza. È il momento di riprendere a fare politica ripartendo da una radicale critica allo stato di cose presenti…
“L’ambientalismo senza anticapitalismo è solo giardinaggio!” Parafrasando Chico Mendes: la politica senza critica è solo televendita!
Per Carlo e per tutti quelli che c’erano, ci sono e ci saranno: un altro mondo è ancora possibile!
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