L'AltraSersale

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di Emilio Grimaldi

“Ma lei vuole andare all’“Inferno””? chiede un signore di una certa età. E l’altro, che si era recato insieme alla famiglia a Sersale per vedere le famose “Valli Cupe”, rimane sorpreso dall’ardita, o quanto meno provocatoria, interrogazione dell’arzillo vecchietto. Il tempo di fare mente locale sul fatto che forse l’ “Inferno” è solo un nome di qualche posto del luogo e tutti, compresi i presenti che ascoltavano curiosi il dialogo, scoppiano in una liberatoria risata. Possono capitare anche gustose chicche di questo tipo a Sersale. La toponomastica supera finanche l’immaginazione e si adatta felicemente all’humour sano di stampo teatrale.
L’Inferno è una delle tante cascate dell’area Valli Cupe, sito fra i più interessanti d’Italia e di tutta Europa, sia dal punto di vista botanico che naturalistico. Sito che identifica specificatamente un Canyon lungo 10 chilometri ma si riferisce altrettanto liberamente a tutta l’area circostante. Secondo il naturalista belga John Bouquet sono “il mistero meglio custodito d’Europa”. Oggi ci pensa la cooperativa “Segreti mediterranei” a preservarlo e a farlo conoscere. E lo fa talmente bene che recentemente ha ricevuto il premio “Ok Italia” da Unicredit “quale esempio di eccellenza nel campo del turismo sostenibile finalizzato alla valorizzazione delle risorse naturalistiche e storico culturali della Presila catanzarese”. Una cooperativa nata dall’intuizione e dalla passione di un botanico doc, Carmine Lupia, vero deus ex machina dell’affaire “Valli cupe”.
Antichi borghi settecenteschi, alberi monumentali, cento cascate piene d’acqua (alcune superano gli 80 metri) e moltissime specialità botaniche ed etnobotaniche. Tra le cascate, sempre per rimanere nel linguaggio cristiano, c’è anche la cascata “Paradiso”, che ha una tipica bellezza spettacolare, per così dire. L’acqua che scende si apre a scenografici getti, via via interrotti dalla roccia prospiciente. L’Inferno, invece, no. È un getto unico. In una gola, come scavata da un vortice impazzito, a forma di cilindro. Ed è proprio l’abisso del laghetto che gli avrebbe, sembra, consegnato il nome. Non se ne conosce la profondità. Non offre una bellezza rassicurante, come quella del Paradiso, ma inquietante, almeno per le emozioni che ti suscita. Ti devi infilare in un laghetto gelido per raggiungerla. E una volta che sei nella gola ti guardi intorno e ti accorgi di essere tutto ad un tratto circondato, avvolto, protetto, minacciato (?) dalle rocce levigate dell’immensa montagna. A quel punto non hai più scelta. Ci sei dentro. Devi accettare la sfida e farti catturare da essa per liberartene del tutto. Una vera prova di coraggio. Che solo chi ci è stato, ed è tornato, può capire.
Sersale, val bene un Inferno.

Il Canyon

La sfida delle Valli Cupe, non solo Canyon e cascate

di Romano Pitaro

Cascate, un canyon di 10 chilometri e trattorie che non scannano il turista quando gli presentano il conto. Le Valli Cupe inanellano successi. Eppure non c’è stato finora alcun investimento pubblico per potenziarne il modello di sviluppo. Perché? Per fine ottobre è pronto un medio metraggio che verrà veicolato attraverso il Festival Internazionale di Cannes, San Francisco International film
festival e Los Angeles Film Festival,
sulla storia di Orfeo ed Euridice
ambientata nelle Valli Cupe. Supporta l’iniziativa la "Faiden Blass
Ent” in collaborazione con altre due importanti società
cinematografiche nazionali. Unicredit ha convocato a Torino l’ ex pastore della Sila Piccola: il botanico Carmine Lupia, l’anima delle Valli Cupe, “il mistero più custodito d’Europa” per il naturalista belga John Bouquet. La banca lo ha chiamato per premiarne sagacia e intraprendenza. Un riconoscimento: “le Valli Cupe
eccellenza in Italia per network, rete territoriale
d'impresa e innovazione e per il modello di sviluppo dal basso”.
Questo è Calabria. Giaculatorie, ma anche iniziativa e talento che emergono. Aree interne cariche di suggestione, il buco nero con cui la politica calabrese tarda a fare i conti, di colpo diventano fenomeni. Stupisce tuffarsi nelle acque cristalline del Crocchio e scoprire di non essere in Canada o in Trentino. A un salto dalla costa ionica sfracellata dall’abusivismo, l’incanto delle Valli Cupe è reso fruibile da giovani che hanno voglia di stupire, ma senza contare sul potente di turno che in cambio di voti sgancia risorse pubbliche. Le Valli Cupe sono diventate simbolo di un desiderio: far capire che anche qui si può “fare” . E senza obnubilare l'intelligenza di cui si trovano esempi spettacolari tra i monti della Sila in grado d’ impressionare il turista più scettico e registi della statura di Marco Risi e Marco Tullio Giordana, che a ferragosto hanno fatto il bagno nella cascata dell’Inferno. Non hanno mai chiesto un euro pubblico le Valli Cupe. La Cooperativa Segreti Mediterranei, che le ha “inventate” e le “offre” a chi voglia infilarsi nella fenditura di dieci chilometri del canyon o tuffarsi nelle acque nitide delle cento cascate che rendono la Sila piccola “uno dei più importanti paesaggi d’Italia”, vive con le proprie forze. Senza finanziamenti pubblici, però l’altro giorno le Valli Cupe sono diventate un “caso” di cui si è occupato due volte il Tg 2 e il 6 agosto il Tg1. La storia dell’ex pastore di Sersale, prima in Australia in cerca di lavoro e poi dottore in agraria a Piacenza prima di scegliere di vivere in Calabria, l’ha vista l’Italia in prime time . Dalle Valli Cupe traggono un reddito trenta giovani che hanno deciso di investire su se stessi. Un pezzo di Calabria attira l’attenzione dell’Italia non per problemi di criminalità, ma per la volontà di rompere con il clientelismo e valorizzare la ricchezza ambientale, grazie anche ad un’inedita sinergia tra i giovani di Lupia e il Comune di Sersale (epicentro dell’area) che ha favorito sempre le scelte della Cooperativa.
I giovani di Lupia hanno tanta voglia di farcela, ma senza cedere a pressioni e ricatti, usi e costumi di una Calabria in cui la politica è tutto (o quasi). Ed è un tutto che spesso guasta ciò che tocca. Un simbolo anche concreto. Non soltanto perché 25 mila persona l’anno scorso sono andate a visitarle e neanche per le diversità botaniche, idriche, climatiche, antropiche che le rendono accattivanti. Ma perché hanno accettato la sfida di rinnovare il rapporto tra il calabrese e il suo mondo. E ci stanno riuscendo con la presunzione di essere un modello per altre aree (Trentino, Veneto, Lombardia). “Cupe”, hanno detto, vuol dire spaccate. L’aggettivo ha a che fare però col carattere di noi del profondo Sud italiano che non abbiamo mai saputo valorizzare i nostri beni naturali. Qui i giovani delle Valli Cupe intendono vincere la scommessa del loro futuro. Ti guidano nella scoperta di luoghi incantevoli, rarità come la Woodguardia radicans che evoca i dinosauri e leggende come quella del paladino Orlando che uccide la strega maligna. Di questi giovani, che difendono il business costruito con le loro mani, si sono accorte Istituzioni nazionali ed europee; Il Tg1 ha mandato in onda immagini di cascate ricolme d’acqua; la prestigiosa Società Botanica italiana è stata in missione nella Piccola Sila; svariate Università hanno siglato con la Cooperativa di Lupia protocolli d’intesa; l’agenda dei giovani, fitta d’appuntamenti, segnala la curiosità enorme verso le Valli Cupe. Sarebbe un gesto davvero perspicace l’interesse della Regione Calabria per un modello di sviluppo sorto dal basso. L’esperimento delle Valli Cupe, che vede sfilze di turisti da ogni parte d’Italia inerpicarsi nella Sila, va elogiato per l’ originalità e tutelato poiché ha in sé il “Dna” dell’individualismo calabro che si affranca dal cupo risentimento e vince facendo rete. Ma allora cos’è che impedisce di potenziare e moltiplicare questo lembo di turismo felix?

da:
Emilio Grimaldi Blog

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Commento da Antonio Borelli su 11 Settembre 2009 a 0:44
Bel video!
pensa che io ci abito e non sono riuscito ancora a vedere l'inferno! (che detto così potrebbe sembrare surreale come racconti nel tuo post)
Il pezzo di Pitaro l'avevo letto già da qualche parte

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