L'AltraSersale

Un nuovo modo di essere comunità. Un mondo nuovo.

Mentre a livello mondiale, in questi giorni si sta conumando una piccola vittoria per il mondo della condivisione dei file su internet, in Italia il Parlamento si appresta a discutere una proposta di legge che di fatto riduce la libertà degli internauti.

Ma andiamo per gradi...
La notizia che le principali Associazioni di Case discografiche mondiali, la lobby mondiale del copyright per intenderci, ha rinunciato a trascinare in tribunale i pirati è sicuramente un dato importante perchè testimonia almeno alcuni fenomeni che negli ultimi anni hanno assunto una portata dirompente:

- la pirateria, o meglio la condivisione di contenuti, hanno spinto le major discografiche ad allearsi per contrastare questo fenomeno che è andato crescendo di pari passo con la diffusione della connessione a banda larga;

- per agirare le sentenze volute dalle major, gli sviluppatori si sono spostati dai motori di ricerca per siti che stoccavano file (stile Napster), ai suoi successori peer to peer (basti citare E-Mule, Morpheus, KaZaa). Peer to peer significa frammentare i file in tanti pezzettini, realizzare programmi in grado di cercare e riassemblare questi frammenti nel file finale e quindi consentire il download di file di dimensioni sempre maggiori secondo la logica "punto per punto", in minor tempo e occupando meno rete possibile.

- la pirateria ha animato anche i dibattiti all'interno dei sostentori dei software opensource, del copyleft, dei wiki-commons, del file-sharing. Capovolgendo l'approccio globale al download: non più stoccaggio e spaccio di materiale protetto da copyright, ma condivisione universale degli stessi file.

Insomma una piccola vittoria per quel mondo che ci coinvolge tutti in qualità di "scaricatori"...
Ma mentre nel mondo accade questo, per contrappasso, in Italia si va verso una restrizione delle libertà degli internauti. E' arrivata al comitato governativo (sembra messa a punto dalla Siae) una proposta di legge contro la pirateria digitale e ha scatenato l'inferno in rete.

Una legge che, combattendo la pirateria digitale, spinge verso una censura del web. Una censura dall'alto, con un rigore mai visto prima in Italia. Una censura a vantaggio di Mediaset e delle emittenti che sentono violati i propri diritti d'autore, e a farne le spese non solo gli utenti ma anche soggetti come YouTube.

La proposta offre una delega in bianco al Governo affinchè predisponga tutti i provvedimenti sanzionatori e preveda tutti i comportamenti (e quindi contenuti) sanzionabili; ma soprattutto, la proposta va a intaccare quei soggetti che "ospitano" materiale censurabile. Ciò significa che Youtube perderebbe immediatamente ogni causa contro Mediaset e altre emittenti, e questo porterebbe dritto dritto alla chiusura dei portali di hosting. Poi un articolo, nella proposta, che non ha niente a che vedere con il diritto d'autore ma che ha il sapore della censura a 360 gradi: "Attribuzione di poteri di controllo alle Autorità di governo e alle forze dell'ordine per la salvaguardia su tali piattaforme telematiche del rispetto delle norme imperative, dell'ordine pubblico, del buon costume, ivi inclusa la tutela dei minori".

Insomma, una specie di commissione di censura di quello che sta sul web, come avviene per il cinema, che andrebbe a limitare la possibilità di ciascun utente di leggere o pubblicare una notizia o un video d'informazione. Su uno sciopero non autorizzato, per esempio, o su alcuni fatti potenzialmente diffamanti per un politico. Basti dire che una norma simile, il Child Safe Act, voluto da Bush, è appena stata dichiarata anticostituzionale negli Usa. L'Italia andrebbe quindi contro tendenza, se passasse la proposta.

L'associazione dei consumatori Altroconsumo boccia allarmata questa proposta: "Il provvedimento appare arcaico, protezionista e contrario agli interessi dei consumatori e dell'innovazione".
Inoltre Beppe Grillo qualche tempo fa ha aspramente criticato un altro provvedimento ammazzalibertà di questo parlamento. Questa volta non si tratterebbe del puro interesse delle lobby, ma dell'autodifesa bipartisan della Casta. Un provvedimento di legge, scrive Grillo, che obbligherebbe i blogger a iscriversi ad un albo, come i giornalisti, con quello che ne consegue in termini di controllo editoriale.

Alla fine dei conti, questa classe dirigente (politici e imprenditori di ambo gli schieramenti), teme che in tempi di crisi il cambiamento li travolga e pertanto cerca in tutti i modi di restare aggrappata al proprio status: chi manomettendo ad arte la giustizia per non essere processato (Berlusconi); chi aggiudicandosi sostanziosi aiuti di stato per evitare il proprio fallimento (Profumo, Passera, Tronchetti); chi violando costantemente la laicità dello stato (Ratzinger), chi infine abolendo lo stato di diritto.

Come scriveva Sandro Podda su Liberazione di qualche giorno fa, le lobby sono come la chiesa, lente come un bradipo nel capire come evolve la società, preferiscono piuttosto imporre il loro modo di intendere il mondo.
Nessuno riesce a capire che i consumi sulla rete vengono costantemente prodotti e riprodotti dal tam tam virale tra gli internauti, non è come quelli imposti con la comunicazione generalista delle grosse multinazionali in TV o come l'angelus del papa.
Forse qui si nasconde un brandello di futuro.

Visualizzazioni: 7

Commento

Devi essere membro di L'AltraSersale per aggiungere commenti!

Partecipa a L'AltraSersale

© 2024   Creato da Antonio Borelli.   Tecnologia

Segnala un problema  |  Termini del servizio