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Inizia oggia ad Arezzo il Copyleft Festival 2009. Oltre che un ricco programma, questo festival è una buona occasione per riflettere su alcune tendenze. Innanzitutto la filosofia di fondo che risiede dietro al concetto di copyleft.
Al contrario del copyright, il copyleft è una licenza che "indica ai fruitori dell'opera che essa può essere utilizzata, diffusa e spesso anche modificata liberamente, pur nel rispetto di alcune condizioni essenziali" (da wikipedia). L'idea della diffusione condivisa dei prodotti intellettuali è partita dalla condivisione dei software, ma si è gradualmente estesa fino a generare e confluire in un ampio e vasto movimento.

Si tratta di un filone di pensiero, di una cultura assimilabile ai cosiddetti creative commons, all'open source e al file sharing. Cioè la produzione, la condivisione, e il miglioramento di prodotti creativi che rimangono comuni. Fu l'ideatore del copyleft a declinare le 4 libertà fondamentali del consumatore:

1. la libertà di usare a propria discrezione e di studiare quanto ottenuto
2. la libertà di copiare e condividere con altri
3. la libertà di modificare
4. la libertà di ridistribuire i cambiamenti e i lavori derivati

Ci sono due cose in questo movimento che mi piacciono particolarmente: un'ideale legame col passato e una potente tensione al futuro.
La filosofia dei creative commons o del copyleft è molto simile a quella lunga e storica battaglia dell'essere umano per usufruire dei beni comuni: ovvero un insieme di beni che non possono essere sottoposti a regime di proprietà privata in quanto sono essenziali all'umanità. Rientrano in questa categoria l'acqua, l'aria, i prodotti del bosco e, in linea di principio, anche le risorse energetiche. Tuttavia a partire dal '400, con le enclosures (stolto che recintò un pezzo di terra e ancora di più chi glielo permise, diceva Rousseau), questi beni sono diventati appannaggio di pochi... proprietà privata.

E' stato così con i pascoli, poi con le licenze nautiche, poi con i giacimenti di petrolio, oggi con le risorse idriche e domani probabilmente con la rete. In questo grande abuso commesso dai pochi sui molti, dai ricchi sui poveri, grandi filosofi e pensatori hanno rintracciato le origini del mondo moderno, di quel capitalismo inteso come sistema storico che fagocita e distrugge qualsiasi valore e relazione sociale in nome del profitto.
Nella condivisione dei beni comuni, gli stessi pensatori vedevano invece, oltre che l'abolizione di qualunque distinzione di classe (perchè non ci sarebbero stati nè padroni nè proprietà) anche una sorta di umanità nuova, la responsabilità nella tutela dei beni comuni, del bene supremo di tutti.
Un principio che capovolge in maniera rivoluzionaria il fondamento della nostra società: l'individualismo, l'egocentrismo, la proprietà e il profitto.

Questo aspetto ha un profondo nesso con quanto avviene oggi: le multinazionali fanno una gara spasmodica a mercificare tutto ciò che è mercificabile. Arte, scrittura, musica, beni materiali e immateriali sono sottoposti al regime di copyright, ufficialmente per tutelare l'intelletto del creatore, realmente per una sproporzionata accumulazione di profitti.
Tuttavia, l'evoluzione delle relazioni umane, dei contatti tra esseri umani delle relazioni di potere che si stabiliscono mediante il lavoro intellettuale sta lentamente distruggendo questo principio ordinatore. Google, Facebook, la Telecom possiedono i sistemi per la gestione e il funzionamento della rete. Ma la rete, gli uomini che sono e fanno la rete, non è di loro proprietà. La fitta comunicazione informatica, la condivisioni di parole, immagini, video, musica sta facendo evolvere la cosiddetta intelligenza artificiale: non un robot, ma un pensiero collettivo che contribuisce all'orientamento delle azioni individuali.

In mezzo, tra il passato dei beni comuni e il futuro dei creative commons c'è il mercato. Sempre più artisti, riconoscendo lo sfruttamento e l'appropriazione indebita di proprietà e di profitti da parte delle etichette stanno muovendosi verso il copyleft, consentendo agli altri di usufruire delle loro opere. Non è un fenomeno che investe solo il mondo informatico, non è solo l'open source che sta erodendo il dominio di Microsoft...
sono i Radiohead che lanciano il loro ultimo album (In Raimbows) su internet e lo fanno scaricare con un compenso a piacere, sono i Wu Ming, un collettivo di scrittori, che lancia le sue opere on line alla fruizione libera...

Sono soggetti che vendono molto di più del marketing delle multinazionali, perchè la loro opera viene vissuta e condivisa, rielaborata, assorbita e una volta riconosciuta viene anche compensata con milioni di copie vendute.

Be right, copyleft!

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