Auguri a voi che fate
#Sersale ogni giorno!
"La storia non è narrazione di avvenimenti puri e semplici; non è soltanto misura dell’uomo, dell’individuo, bensì di tutti gli uomini e delle realtà della loro vita collettiva." - Fernand Braudel
"Il popolo, e solo il popolo, è la forza motrice che crea la storia." - Mao Tze Tung
In questi giorni ognuno di noi offrirà un suo pensiero su una comunità che compie 400 anni e che, seppur giovane rispetto all'età media dei Comuni italiani (per non dire rispetto alla storia plurimillenaria della nostra regione!), ha compiuto diversi passi lungo il suo cammino.
Una certa storiografia tende a raccontare i fatti prediligendo "i personaggi, gli eventi": condottieri, eroi, cavalieri, principi, papi o, a scalare, sindaci, famiglie blasonate, prelati, calciatori.
Noi, per questo compleanno, invece scegliamo la storia degli umili, di quelli senza nome, che poi sono quelli fanno e vivono la storia di una comunità, con le loro relazioni, le loro fatiche, i loro affetti. Tra le tendenze secolari e le congiunture cicliche delle sorti economiche dei paesi, gli eventi e le persone sono 'polvere' e gli storici che su questi si concentrano non si chiedono se al di fuori di essi si siano rappresentate anche altre storie.
Non parleremo di sindaci rimasti negli annali o dei loro errori, di grandi opere, di parroci e grandi famiglie, né di eventi calamitosi e di processioni o promozioni calcistiche di Sersale. Ricorderemo le storie dei sersalesi anonimi, quelli che hanno edificato questo paese pietra su pietra, che hanno sfamato le loro famiglie, che hanno animato i discorsi nelle rughe o nelle piazze.
Già col contratto di enfiteusi del 1629, quei coloni che si stabilirono nella futura Sersale fondarono sul
#lavoro la nascita della loro comunità. Provenivano da altri luoghi, dove forse non avevano lo spazio o il diritto di costruirsi un avvenire, e portavano con loro parlate, credenze, usanze 'piccole': la ricetta della pitta, la f espirata, la formula per calmare l'affascinu.
Erano boscaioli e agricoltori, sapevano allevare gli animali e trasformarli nel loro cibo quotidiano e il loro mestiere doveva produrre anche la ricchezza del barone Sersale o, successivamente, delle famiglie che imponevano forme quasi feudali di produzione. A questi seguirono gli artigiani, fabbri, muratori, falegnami, che permisero il miglioramento delle dure condizioni di vita di un contadino/boscaiolo del '600.
La diaria o a libbretta o l'affitto 'ntiarzu dei campi, gli usi civici del pascolo, dei funghi o di raccogliere legna, il diritto di attingere acqua e con essi i canti di lavoro ormai perduti, o le chiacchiere delle donne alla fontana o al fiume per lavare, gli scambi dei prodotti dell'orto per un pezzo di carne, i comparaggi tra famiglie per aiutarsi e garantire ai figli un riferimento in caso di prematura scomparsa dei genitori, i matrimoni e gli amori, le prime feste e poi cerimonie religiose, l'attribuzione del nome a campagne e quartieri: tutto ciò era la vita quotidiana che ha fatto di Sersale ciò che è oggi. Senza di loro non esisterebbe a Colla, o Fariano, u milicurciu, u strittu d'a gghiasa, e vallicupe... e quindi non esisterebbe Sersale che di quei luoghi e di chi li abita è l'insieme.
Cosi come l'arrivo dei funzionari borbonici, notai, gendarmi, maestri e, con loro, di nuove idee e nuove regole - banalmente: la creazione del Comune e degli archivi di stato civile o l'obbligo di spostare il cimitero fuori dall'abitato, allo stesso modo magari i venti della rivoluzione francese - trasformarono quei sudditi in cittadini di Sersale. Ciò che non esisteva storicamente - una comunità che affonda nel tempo le sue origini - si venne sviluppando col lavoro e con la crescita civica di quel piccolo casale alle pendici della Sila.
L'unità d'Italia e la scuola pubblica, le aziende boschive di altre regioni nei primi anni del '900, l'avvento dell'energia elettrica (tra l'altro tra i primi comuni a produrla in loco!), l'arrivo di altri lavoratori dalle Serre o dal Veneto e dalla Toscana. La leva obbligatoria, il fascismo e le guerre mondiali, le lotte operaie e l'occupazione delle terre, hanno coinvolto, stravolto, cambiato la vita quotidiana dei sersalesi definendo e ridefinendo il loro modo di essere. Gente umile, lavoratrice, conviviale.
Cosa sarebbe Sersale oggi senza i primi emigrati in America e i loro viaggi della speranza, che scrivevano da un altro mondo e tentavano di ripagare lo sforzo delle famiglie per mandarli all'estero? Quanti nostri nonni non sarebbero sopravvissuti, decimati dalla fame o dalle malattie, se i loro padri non fossero andati al fronte a combattere guerre che non volevano combattere in Spagna, in Libia o in Russia? E quanto dobbiamo a quelli che invece hanno combattuto come partigiani, o come silenti oppositori, contro il fascismo?
Quanto gli dobbiamo in termini di coscienza, di morale, di senso civico: le loro idee e principi, la loro fede e la loro cultura popolare hanno forgiato la Sersale odierna.
Basti pensare ai cambiamenti dettati dall'emigrazione: un paese che dimezza la sua popolazione nel secondo dopoguerra, intere generazioni di figli che si trasferiscono in Belgio, Germania, a Torino e che mantengono padri, madri e fratellini a Sersale. Che spediscono risparmi o riviste, collant o cioccolata, che rientrano con le prime automobili o che raccontano al telefono o per lettera i mondi affascinanti (o più spesso discriminanti) delle città industriali. Quante lacrime e separazioni, addii e riconciliazioni, hanno permesso alla generazione successiva di studiare, di formarsi, di laurearsi e ritornare riportando a Sersale nuovi saperi e culture. Scolarizzazione che permette di conquistare posti di lavoro sempre più qualificati negli anni e che trasforma Sersale in una città di servizi o che spinge centinaia di laureati a lavorare altrove e a contribuire ai progressi della ricerca in ogni dove. Cambiamenti nelle vite dei singoli che divengono rivoluzioni generazionali e collettive.
Questa fitta rete di piccoli scambi e conquiste ha trasformato esigenze quotidiane perfino in protesta, in lotta politica, in critica sociale che ha animato e anima la vita civica di Sersale. E' curioso, ad esempio, che nel 1919 i cittadini testimoniassero contro alcuni privati che si erano abusivamente appropriati della fontana di Pupo, così come negli anni recenti hanno lottato contro la privatizzazione del servizio idrico: corsi e ricorsi storici!
Oppure che lo spontaneismo agrario spinse i contadini sersalesi all'occupazione delle terre negli anni '45-'60 così come, dopo mezzo secolo di sindacalismo organizzato, gli LSU e cassintegrati occupano la cittadella regionale: lunga storia di piccole, isolate, spesso dimenticate, lotte per il lavoro e la dignità di sersalesi orgogliosi. E al contempo disperazioni che li hanno resi preda del ricatto del datore di lavoro o vittime delle false promesse del voto di scambio.
O ancora gli effetti dell'impegno politico dei sersalesi: un singolare pesce d'aprile alla locale sezione del fascio conclusosi con una purga punitiva, le storie di partigiani sersalesi sconosciute ai più (che abbiamo recuperato qualche mese fa), i missionari inviati per contenere l'avanzata elettorale del PCI negli anni '60, le lunghe e fumose riunioni di partito che finivano in osteria, in combattuti consigli comunali, o in scontri politici che, sulle gambe di altre generazioni, animano ancora la vita politica sersalese.
Piccole storie, dimenticate o coperte dalla smania contemporanea per l'evento, per intestarsi la Storia.
I cambiamenti nei gusti di moda importati dai primi sersalesi all'università, o dettati dall'arrivo dei primi sceneggiati televisivi, il successo tra i giovani di questo o quel gruppo musicale: l'ascesa dei complessi e delle radio negli anni 70-80 a cui fanno da contraltare le decine di gruppi rock degli anni 90-00. L'evoluzione delle frasche in putighe 'e vinu e poi in bar o pub. Conflitti generazionali e culturali tra padri e figli che determinano oggi l'apertura (o sotto altri aspetti la chiusura) mentale di una comunità. E' il movimento e la consapevolezza dei più che genera cultura, non il successo di un singolo cantante, scrittore o artista di Sersale.
Centinaia di piccole conquiste individuali, come un posto di lavoro, una laurea o un diploma, che definiscono e ridefiniscono la nostra comunità: cosa sarebbe Sersale senza i suoi lavoratori che spendono e consumano garantendo con il loro desiderio di convivialità la sopravvivenza di bar e ristoranti? cosa sarebbe il turismo a Sersale senza i suoi cittadini che ogni anno invitano e portano gente di altri luoghi a visitare le nostre bellezze o assaggiare i nostri prodotti? come sarebbe l'immagine di Sersale senza i suoi figli emigrati che sognano ancora il loro paese di una volta?
E viceversa: cosa sarebbe senza i servizi di intrattenimento o chi promuove il turismo o chi fa l'immagine, positiva o negativa, del paese col suo comportamento quotidiano?
Se ci fermassimo a raccontare le imprese dei singoli perderemmo inevitabilmente la storia d'insieme.
Perciò la Sersale raccontata da chi scrive un libro, o la amministra, o la promuove è una Sersale bella ma pur sempre parziale, di parte - vista con la lente distorta dalla propria funzione nella società (come lo è anche questo nostro omaggio). Tende a tralasciare la carne viva della società che è fatta invece di sacrifici, di tentativi, di sofferenze, a volte di drammi e problemi familiari che, come le cose belle, fanno di una comunità ciò che è cementando o disgregando legami parentali, affettivi, sociali.
Ecco perché oggi ci piace pensare a una Sersale molteplice, con 400 facce diverse, come le infinite varianti della pittanchjiusa, o le innumerevoli serate davanti ai bar o nei garages adibiti a tavernetta, come i ragazzi che si strusciano nel passeggio adolescenziale o le signore che non perdono una messa da trent'anni, come l'annoso dibattito tra chi dice che è meglio u vinu d'a cumuna o l'aperitivo la domenica a San Pasquale. Non la Storia di Sersale ma le storie dei sersalesi (le s minuscole sono anche una scelta di senso).
Ci piace pensare a quel rapporto unico, peculiare, tra un dato territorio e una comunità che su esso vive. Un rapporto in costante evoluzione, che affronta alti e bassi, stagioni nobili e altre più buie. Per queste ragioni pensiamo che questo è il 400° compleanno di coloro che hanno fatto Sersale.
Un patrimonio che non bisogna perdere, ma che non va conservato come cimelio di museo, simbolo di immutabile tradizione. Piuttosto qualcosa da trasmettere alle generazioni future, immutabile ma rielaborato, esattamente come si trasmette una sequenza di DNA.
Infine, ci piace pensare anche alla nostra presenza in questa fitta rete di sersalesi, alla nostra funzione, al nostro contributo alla storia della nostra comunità. E ci piace immaginare che per i prossimi secoli continui ad esistere una comunità che costruisce il suo futuro col lavoro collettivo, con senso di coesione e solidarietà, in cui nessuno è lasciato indietro e in cui non esistono solo individui, ma una collettività.
Ci piace pensare che il popolo è sempre autore del suo destino, responsabile del suo futuro.
Buon compleanno, Sersale!
Foto tratte dal libro di Michele Scarpino- Sersale. Storia di una comunità presilana.
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